Protocollo, la Serie A punta i piedi: “Così non si riparte”

I club maggiori contro le regole per la ripresa: resta il nodo sulla quarantena in caso di un atleta positivo. Gravina: "Ipotesi playoff? Ancora in piedi"

Altro che ripartenza. Il protocollo per la ripresa degli allenamenti collettivi continua a far discutere e comincia a sollevare dubbi anche tra i club di Serie A. A smuovere le acque è stata l’Inter, attraverso le parole dell’ad Marotta a suscitare dubbi e perplessità su protocollo. “Non vogliamo fare polemica, ma semplicemente con queste regole non saremmo in grado di andare in ritiro. Per questo chiediamo che siano cambiate, o non avremo alternative”. Come a dire, se le cose non cambiano, da lunedì niente ritiro.

L’istanza

Sono troppi i dubbi sul protocollo, con il nodo principale che resta quello legato al contagio di un calciatore che bloccherebbe tutta la squadra in quarantena e anche il campionato. In queste condizioni, non ha senso neppure parlare di ripresa. E a stretto giro è arrivato il vertice tra la Figc, la Lega Serie A e i medici del calcio per discutere del protocollo per la ripresa degli allenamenti di squadra, che ha certificato che il protocollo attuale è inapplicabile. I club lo hanno comunicato ufficialmente alla Federazione chiedendo la modifica almeno in tre punti fondamentali: la questione della quarantena di squadra in caso di positività di un calciatore, la modalità del ritiro precampionato e la responsabilità del medico sociale. Già nella giornata di giovedì era emerso un fronte di squadre che giudicavano il protocollo difficile da applicare: ci sono innanzitutto questioni logistiche, visto che non tutti i club avrebbero gli spazi necessari per affrontare le due settimane di ritiro blindato con le regole imposte dal Comitato Tecnico Scientifico.

Dubbi sul protocollo

A questi problemi vanno aggiunti i dubbi riguardanti le due settimane di quarantena forzata per tutto il gruppo, che in caso di giocatore positivo farebbero inevitabilmente fermare di nuovo il campionato. La Federazione aveva accettato le modifiche incassando il via libera di Spadafora e Speranza per gli allenamenti di gruppo, ma poi, alla prova dei fatti, le regole sono subito apparse troppo rigide ai diretti interessati. Cioè i club di A. E così il presidente Gravina si è rimesso al lavoro. Il numero uno della Federcalcio, sa bene, per primo, che il protocollo non va bene e non è attuabile. E la serie A rischia di frenare ancora, impantanata in una falsa partenza. “Stiamo cercando di trovare degli aggiustamenti per risolvere qualche problema, ma la salute non è derogabile”.

Nodo atleta positivo

Un nodo preoccupante è la quarantena in caso di atleta positivo: “Lo affrontiamo con determinazione, ma evitando di generare tensioni che blocchino tutto. Quello che ci preoccupa, e lo abbiamo rappresentato al ministro Spadafora trovando accoglienza e considerazione è il tema dell’atleta positivo che porterebbe tutta la squadra in quarantena. E’ un problema che stiamo affrontando con determinazione, prudenza ma attenzione per evitare che un rapporto stressato possa generare tensione e bloccare la partenza del campionato”. E sulla responsabilità dei medici ha aggiunto. “C’è una circolare dell’Inail che ci fa essere più sereni perché chiarisce che c’è responsabilità solo in caso di dolo o colpa grave”.

Una corsa a ostacoli

Ma come ripartirà il campionato? L’interrogativo è d’obbligo. C’è da trovare un accordo ed allora ecco che tra le tante, anche l’ipotesi playoff non è del tutto tramontata. “L’ipotesi playoff non è accantonata, dobbiamo essere pronti a qualunque evento. Ad oggi esiste la possibilità, attraverso la programmazione deliberata dalla Lega Serie A, fissando la data di partenza nel 13 giugno, di un calendario molto denso di appuntamenti ed impegni. Dobbiamo però essere pronti e metteremo sul piatto della bilancia anche il ricorso ad una modalità diversa per la chiusura del campionato”, ha concluso Gravina. La strada per la ripresa del campionato continua a essere piena di ostacoli.