Proteste e rabbia nella Beirut distrutta dalle esplosioni

Proseguono le indagini sulla strage di Beirut. Intanto la gente è tra le macerie per ripulire, soprattutto giovani: proseguiamo la rivoluzione

Beirut
Il luogo di una delle due esplosioni a Beirut

Ieri notte è scoppiata una violenta protesta anti governativa nella zona del Parlamento di Beirut. La notizia è stata riportata dalla Bbc online, che racconta di scontri tra “decine” di dimostranti e forze dell’ordine.
La polizia ha lanciato gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti scesi in strada per denunciare il malgoverno in seguito all’esplosione di martedì che ha provocato almeno 137 morti e 5.000 feriti. Tra i morti anche una cittadina italo-libanese di 92 anni è morta in seguito all’esplosione di due giorni fa al porto di Beirut. Lo riferiscono fonti della Farnesina. Quello di Beirut è diventato un episodio diventato il simbolo dell’incompetenza e corruzione delle autorità locali.

I manifestanti hanno vandalizzato alcuni negozi e lanciato pietre all’indirizzo gli agenti nell’area del parlamento, secondo quanto riferito dall’agenzia nazionale Nna.
Alcuni manifestanti sono rimasti feriti durante le azioni della polizia.
Sabato è prevista una grande manifestazione antigovernativa nel Paese del Cedri, da anni preda di una crisi economica senza precedenti.

L’esplosione a Beirut

Arrestato il direttore del porto di Beirut

I media locali riferiscono che il direttore del porto, nell’ambito dell’inchiesta sulla terrificante esplosione avvenuta martedì, è stato arrestato.
Hassan Qureitem è stato arrestato dalla polizia militare dell’esercito libanese dopo essere stato interrogato sotto la supervisione del procuratore che guida le indagini.

Indagini in corso

Il commissario statale ad interim presso il tribunale militare, Fadi Akiki, ha reso noto che le persone arrestate in relazione alle indagini sull’esplosione, fino a questo momento sono 16.
Le indagini continuano a includere tutti gli altri sospetti, al fine di chiarire tutti i fatti relativi a questo disastro”, ha aggiunto Akiki, spiegando che finora sono state interrogate 18 persone.

La gente tra le macerie per ripulire Beirut

Come in tutte le situazioni di emergenza dalle macerie emerge sempre il meglio, uomini e donne che dimostrano solidarietà nei confronti degli altri.
I quartieri più colpiti sono invasi da un esercito di volontari. Tra questi per lo più giovani, armati di scope, pale e badili per sgomberare le macerie, rimuovere una quantità mai vista di vetri e lamiere precipitati dai palazzi danneggiati sulle auto, sui marciapiedi, sugli alberi abbattuti.
Si vedono, invece, a malapena nella Beirut devastata dall’esplosione di martedì gli uomini dell’esercito e della protezione civile libanese.

Questi giovani, gli stessi che la sera affollavano i bar e i locali del centro di Beirut ora distrutti, vogliono proseguire la “rivoluzione” contro il sistema politico.
Sono infatti gli stessi manifestanti da ottobre scorso in piazza per chiedere “la fine del sistema regime” clientelare al potere in Libano da decenni.

Si sono riversati sin dalle prime ore dopo il disastro per sostenere chi è rimasto in vita e ha bisogno di tornare a una sembianza di normalità. Una donna anziana affacciata al balcone di un palazzo disastrato nella zona di Mar Mikhail chiede ai ragazzi di salire da lei per essere aiutata: “Sono da sola, tutte le finestre sono distrutte. Ho vetri dappertutto ma non posso usare il braccio”.

Fonte: ANSA

Il popolo contro i ministri

Lungo la scalinata del Vendome – così chiamata in ricordo di un omonimo vecchio cinema della Beirut degli anni d’oro – tra i più affollati di Beirut, passa il ministro dell’economia Raoul Nehme. É membro del partito del presidente della Repubblica e si aggira con la scorta per rassicurare le famiglie dei palazzi più danneggiati.
Un signore anziano, in pantaloncini e canottiera si rivolge al ministro in maniera polemica: “Io la aspetto qui, fino a quando non realizza le promesse!”.

Più rabbiosa la reazione dei manifestanti nel vicino quartiere di Gemmayze contro un altro ministro. Si tratta del ministro della giustizia Marie-Claude Najem, impegnata in un tour nelle zone del disastro. Le persone assiepate instrada hanno bloccato il suo passaggio con cori esplicitamente offensivi.
In cima alla collina di Ashrafiye, vicino all’ospedale San Giorgio, di fatto reso inagibile.