POLIZIOTTI SPARANO AD UN ALTRO NERO, GLI USA SCENDONO IN STRADA A MANIFESTARE

Non si placa l’escalation di violenza razzista che ha sconvolto gli Stati Uniti in questi ultimi giorni. Infatti, sono proseguite anche ieri, in diversi stati americani, le manifestazioni per protestare contro i brutali omicidi operati dai poliziotti contro i neri. Gran parte delle iniziative era sostenuta dal movimento “Black lives matter”, composto da attivisti originari della comunità afro-americana che si batte contro la violenza verso le persone di colore. Tra le città interessate: Detroit, San Francisco, dove decine di persone hanno bloccato la rampa del Bay Bridge, e Denver, dove i manifestanti hanno programmato un sit-in di 135 ore, un’ora per ogni afroamericano ucciso dalla polizia quest’anno. Le autorità della Lousiana hanno annunciato di avere arrestato a Baton Rouge, la capitale dello Stato, uno dei più famosi attivisti neri dell’organizzazione, DeRay McKesson. Non si conoscono le ragioni esatte dell’arresto, verificatosi lungo un’autostrada locale, la Airline Highway.

In Minnesota, invece, almeno cinque agenti sono rimasti feriti in scontri avvenuti con alcuni dimostranti a St. Paul. Le forze dell’ordine sono intervenute per far sgomberare l’accesso all’autostrada Interstate 94, bloccata dai manifestanti. Gli agenti hanno usato lacrimogeni contro un corteo di almeno 200 persone che si è rifiutato di lasciare la zona. In un tweet, la polizia di St. Paul rende noto che sono stati effettuati anche una serie di arresti, ma non ne ha precisato il numero. Gli agenti sono rimasti feriti a causa del lancio di pietre, bottiglie e petardi scegliati dai manifestanti.

“L’America non è divisa come qualcuno ha suggerito, non è tornata agli anni ’60”, tenta di rassicurare il presidente Obama dal summit Nato di Varsavia, l’ultimo di una presidenza che rischia di lasciare in eredità un Paese diviso. Non solo per la mai sanata questione razziale, riesplosa negli ultimi giorni con l’uccisione di due neri da parte di poliziotti e con la morte di cinque agenti per mano di un cecchino, a Dallas, che il presidente Usa liquida come uno “squilibrato”. Obama, che ha ridotto il suo viaggio in Spagna per andare all’inizio della prossima settimana nella città texana, respinge le critiche per una pace sociale mai arrivata, incalzato anche da una parte della comunità afroamericana.

Ma, mentre ammonisce che occorre tempo per veder crescere quello che è stato seminato, il Paese è percorso da un’ondata di proteste non sempre pacifiche, alcune con oltre 100 arresti, ed è scosso dalla morte, avvenuta a Houston, di un altro nero, anche lui armato. I poliziotti lo hanno ucciso dopo avergli intimato inutilmente di gettare una pistola che invece sarebbe stata prima agitata in aria e poi contro gli agenti. Obama non ne parla ma cerca di andare oltre facendo appello all’unita’ del Paese. “Gli americani di tutte le razze sono giustamente indignati dagli ingiustificabili attacchi alla polizia, a Dallas come altrove”, scandisce.

“Questo comprende i manifestanti, i membri delle famiglie che hanno forti preoccupazioni sulla condotta della polizia e che la ritengono inaccettabile”. Ma su questo “non c’è divisione”, assicura, invitando tutti a “riflettere e fare un passo indietro, perché la retorica che stiamo ingaggiando deve essere costruttiva e non distruttiva. Lo squilibrato che ha compiuto l’attacco a Dallas non è rappresentativo degli afroamericani americani”, sottolinea, ricordando che “non possiamo lasciare che le azioni di pochi definiscano tutti gli americani”. Tuttavia, il presidente ammette che “afroamericani e ispanici sono trattati in modo diverso dal nostro sistema di giustizia” e annuncia che la prossima settimana si riunirà alla Casa Bianca la task force messa in piedi dopo la tragedia di Ferguson, con la partecipazione della comunità di attivisti e della polizia.

“Per quanto dura e penosa sia stata questa ultima settimana, ci sono le fondamenta per la ricostruzione del nostro tessuto sociale”, promette. Obama ha rilanciato anche la necessità di rafforzare il controllo sulla vendita delle armi, bloccato dai repubblicani, che controllano il Congresso, ricordando che gli Usa sono l’unico Paese tra quelli avanzati ad avere una violenza di queste dimensioni. Ma il suo ottimismo si scontra con una escalation della tensione in un Paese che si scopre sconvolto, intimorito, sotto assedio. Le manifestazioni di protesta contro la brutalità della polizia continuano nelle principali città americane e non sempre in modo pacifico: ieri sera a Rochester, nello stato di New York, sono state arrestate per disordini 74 persone. Altri tre arresti a Phoenix, dove la polizia ha usato spray urticanti e sparato pallottole non letali per impedire che un raduno del movimento Black Lives Matter bloccasse un’autostrada. E stamane altri 30 arresti a Baton Rouge, Lousiana, dove è stato ucciso il primo afroamericano Alton Sterling.

Nel frattempo, cresce la diffidenza tra i neri verso la polizia e viceversa, tanto che gli agenti sono stati consigliati di essere sempre in coppia a pattugliare. I timori di incidenti si allungano anche sulla campagna elettorale, a poche settimane dalle convention. Anche Donald Trump pare che abbia abbassato i toni invitando all’unità. Dallas, intanto, si prepara ai funerali dei cinque agenti uccisi, mentre al dipartimento di polizia scatta l’allerta per minacce.

In Texas, nel frattempo, proseguono le indagini ma per ora resta ferma la tesi che a sparare da un tetto sia stata una sola persona, il veterano di guerra Micah Johnson, 25 anni, un nero che prima di essere neutralizzato da un robot con una bomba aveva detto alla polizia di voler uccidere bianchi, soprattutto agenti della polizia dopo le morti dei due afroamericani in Minnesota e in Louisiana. Dal suo profilo Facebook, risulta che era un sostenitore di gruppi militanti neri, tra cui l’African American Defense League e il New Black Panther Party, fondato proprio a Dallas. Dal suo dossier è emerso che era stato rimpatriato dall’Afghanistan – dove aveva servito come falegname e non in combattimento – per molestie sessuali denunciate da una donna soldato: la vittima aveva raccomandato che ricevesse “aiuto psicologico” e aveva richiesto che fosse emessa nei suoi confronti una ingiunzione protettiva riguardante lei e la sua famiglia.