Papa: “Il Signore ci chiama a seguirlo sulla via della sua missione”

Il Santo Padre ha presieduto l'apertura del Concistoro ordinario pubblico per la creazione di venti nuovi cardinali

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Nella Basilica Vaticana il Santo Padre Francesco ha presieduto il Concistoro ordinario pubblico per la creazione di venti nuovi cardinali e per il voto delle cause di canonizzazione dei Beati Giovanni Battista Scalabrini, vescovo di Piacenza, fondatore della Congregazione dei Missionari di San Carlo e della Congregazione delle Suore Missionarie di San Carlo Borromeo e Artemide Zatti, laico professo della Società salesiana di San Giovanni Bosco. Non presente, tra i nuovi cardinali creati questo pomeriggio, monsignor Richard Kuuia Baawobr, M. Afr., vescovo di Wa (Ghana).

Il rito

All’inizio del concistoro il primo dei nuovi cardinali, l’eminentissimo cardinale Arthur Roche, prefetto del Dicastero per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, ha rivolto al Papa, a nome di tutti, un indirizzo di omaggio e di ringraziamento. Quindi dopo l’orazione e la lettura di un passo del Vangelo secondo Luca (2, 49-50), il Santo Padre ha pronunciato l’omelia. Il Papa ha letto poi la formula di creazione e proclamato solennemente i nomi dei nuovi cardinali, annunciandone l’ordine presbiterale o diaconale. Il rito è proseguito con la professione di fede dei nuovi cardinali davanti al popolo di Dio e il giuramento di fedeltà e obbedienza a Papa Francesco e ai Suoi successori. I nuovi Cardinali, secondo l’ordine di creazione, si inginocchiano dinanzi al pontefice che impone loro lo zucchetto e la berretta cardinalizia, consegna l’anello cardinalizio e assegna a ciascuno una chiesa di Roma quale segno di partecipazione alla sollecitudine pastorale del Papa nell’Urbe, consegnando loro la Bolla di creazione cardinalizia e di assegnazione del titolo o della diaconia. Dopo la consegna della Bolla, il Santo Padre Francesco scambia con ciascun neo-cardinale l’abbraccio di pace.

Le canonizzazioni

Al termine del concistoro, l’eminentissimo cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, è si recato davanti al Santo Padre a legge la “Peroratio” e a presentare brevemente le biografie dei due Beati. Quindi il Papa, dopo aver espresso la valutazione dei voti, ha decretato che i Beati siano iscritti all’Albo dei Santi
domenica 9 ottobre 2022.

Chi sono i cardinali

I venti nuovi cardinali a ricevere l’imposizione della berretta, la consegna dell’anello e l’assegnazione del titolo o diaconia sono: monsignor Arthur Roche, Arcivescovo-Vescovo emerito di Leeds, Prefetto del Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; mons. Lazzaro You Heung-sik, Arcivescovo-Vescovo emerito di Daejeon, Prefetto
del Dicastero per il Clero; mons. Fernando Vérgez Alzaga, L.C., Arcivescovo tit. di Villamagna di Proconsolare, Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano; mons. Jean-Marc Aveline, Arcivescovo di Marseille (Francia); mons. Peter Ebere Okpaleke, Vescovo di Ekwulobia (Nigeria); mons. Leonardo Ulrich Steiner, O.F.M., Arcivescovo di Manaus (Brasile); mons. Filipe Neri António Sebastião do Rosário Ferrão, Arcivescovo di Goa e Damão (India); mons. Robert Walter McElroy, Vescovo di San Diego (U.S.A.); mons. Virgilio do Carmo da Silva, S.D.B., Arcivescovo di Díli (Timor Orientale); mons. Oscar Cantoni, Vescovo di Como (Italia); mons. Anthony Poola, Arcivescovo di Hyderabad (India); mons. Paulo Cezar Costa, arcivescovo di Brasília (Brasile); mons. Richard Kuuia Baawobr, M. Afr., Vescovo di Wa (Ghana); mons. William Seng Chye GOH, arcivescovo di Singapore (Singapore); mons. Adalberto Martínez Flores, arcivescovo di Asunción (Paraguay); mons. Giorgio Marengo, I.M.C., Vescovo tit. di Castra severiana, prefetto apostolico di Ulaanbaatar (Mongolia); mons. Jorge Enrique Jiménez Carvajal, C.I.M., Arcivescovo emerito di Cartagena (Colombia); mons.
Arrigo Miglio, Arcivescovo emerito di Cagliari (Italia); P. Gianfranco Ghirlanda, S.I., già Rettore della Pontificia Università Gregoriana; mons. Fortunato Frezza, Arcivescovo tit. di Treba.

Il collegio cardinalizio

Saranno 226 i cardinali dopo la creazione, oggi pomeriggio, dei venti nuovi cardinali da parte di papa Francesco. Dei 132 cardinali elettori (gli ultraottantenni non partecipano al conclave), 83, il 62%, sono stati creati da Bergoglio, a quanto risulta dalle statistiche aggiornate del collegio cardinalizio. Resta l’Italia, con 48 cardinali, dei quali 20 elettori, il Paese con il più alto numero di porporati al mondo. Tra i venti cardinali che saranno creati oggi ci sono anche cinque italiani. Nel collegio cardinalizio sono rappresentati tutti i continenti con 89 Paesi, 69 dei quali hanno cardinali elettori.

L’omelia del Papa

“Questo detto di Gesù, proprio nel mezzo del Vangelo di Luca, ci colpisce come una freccia:
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!» (12,49).
Mentre è in cammino con i discepoli verso Gerusalemme, il Signore fa un annuncio in tipico
stile profetico, usando due immagini: il fuoco e il battesimo (cfr 12,49-50). Il fuoco deve portarlo nel mondo; il battesimo dovrà riceverlo Lui stesso. Prendo solo l’immagine del fuoco, che qui è la fiamma potente dello Spirito di Dio, è Dio stesso come «fuoco divorante» (Dt 4,24; Eb 12,29), Amoreappassionato che tutto purifica, rigenera e trasfigura. Questo fuoco – come del resto anche il “battesimo” – si rivela pienamente nel mistero pasquale di Cristo, quando Egli, come colonna ardente, apre la via della vita attraverso il mare tenebroso del peccato e della morte. C’è però un altro fuoco, quello di brace. Lo troviamo in Giovanni, nel racconto della terza e ultima apparizione di Gesù risorto ai discepoli, sul lago di Galilea (cfr 21,9-14). Questo fuocherello lo ha acceso Gesù stesso, vicino alla riva, mentre i discepoli erano sulle barche e tiravano su la rete stracolma di pesci. E Simon Pietro arrivò per primo, a nuoto, pieno di gioia (cfr v. 7). Il fuoco di brace
è mite, nascosto, ma dura a lungo e serve per cucinare. E lì, sulla riva del lago, crea un ambiente familiare dove i discepoli gustano stupiti e commossi l’intimità con il loro Signore.
Ci farà bene, cari fratelli e sorelle, in questo giorno, meditare insieme a partire dall’immagine del fuoco, in questa sua duplice forma; e alla sua luce pregare per i Cardinali, in modo particolare per voi, che proprio in questa celebrazione ne ricevete la dignità e il compito. Con le parole riportate nel Vangelo di Luca, il Signore ci chiama nuovamente a metterci dietro a Lui, a seguirlo sulla via della sua missione. Una missione di fuoco – come quella di Elia –, sia per quello che è venuto a fare sia per come lo ha fatto. E a noi, che nella Chiesa siamo stati presi tra il popolo per un ministero di speciale servizio, è come se Gesù consegnasse la fiaccola accesa, dicendo: Prendete, «come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi» (Gv 20,21). Così il Signore vuole comunicarci il suo coraggio apostolico, il suo zelo per la salvezza di ogni essere umano, nessuno”. escluso. Vuole comunicarci la sua magnanimità, il suo amore senza limiti, senza riserve, senza
condizioni, perché nel suo cuore brucia la misericordia del Padre. È quello che brucia nel cuore di Gesù: la misericordia del Padre. E dentro questo fuoco c’è anche la misteriosa tensione, propria della missione di Cristo, tra la fedeltà al suo popolo, alla terra delle promesse, a coloro che il Padre gli ha dato e, nello stesso tempo, l’apertura a tutti i popoli – quella tensione universale –, all’orizzonte del mondo, alle periferie ancora ignote. Questo fuoco potente è quello che ha animato l’apostolo Paolo nel suo instancabile servizio al Vangelo, nella sua “corsa” missionaria guidata, spinta sempre in avanti dallo Spirito e dalla Parola. È anche il fuoco di tanti missionari e missionarie che hanno sperimentato la faticosa e dolce gioia di evangelizzare, e la cui vita stessa è diventata vangelo, perché sono stati anzitutto dei testimoni. Questo, fratelli e sorelle, è il fuoco che Gesù è venuto a “gettare sulla terra”, e che lo Spirito Santo accende anche nei cuori, nelle mani e nei piedi di coloro che lo seguono. Il fuoco di Gesù, il fuoco che porta Gesù. Poi c’è l’altro fuoco, quello di brace. Anche questo il Signore vuole comunicarci, perché come Lui, con mitezza, con fedeltà, con vicinanza e tenerezza – questo è lo stile di Dio: vicinanza, compassione e tenerezza – possiamo far gustare a molti la presenza di Gesù vivo in mezzo a noi. Una
presenza così evidente, pur nel mistero, che non c’è nemmeno bisogno di chiedere: “Chi sei?”, perché il cuore stesso dice che è Lui, è il Signore. Questo fuoco arde in modo particolare nella preghiera di adorazione, quando stiamo in silenzio vicino all’Eucaristia e assaporiamo la presenza umile, discreta, nascosta del Signore, come un fuoco di brace, così che questa presenza stessa diventa nutrimento per la nostra vita quotidiana. Il fuoco di brace fa pensare ad esempio a San Charles de Foucauld: al suo rimanere a lungo in
un ambiente non cristiano, nella solitudine del deserto, puntando tutto sulla presenza: la presenza di Gesù vivo, nella Parola e nell’Eucaristia, e la sua stessa presenza fraterna, amichevole, caritatevole. Ma fa pensare anche a quei fratelli e sorelle che vivono la consacrazione secolare, nel mondo, alimentando il fuoco basso e duraturo negli ambienti di lavoro, nelle relazioni interpersonali, negli incontri di piccole fraternità; oppure, come preti, in un ministero perseverante e generoso, senza clamori, in mezzo alla gente della parrocchia. Mi diceva un parroco di tre parrocchie, qui in Italia, che aveva tanto lavoro. “Ma tu sei capace di visitare tutta la gente?”, ho detto. “Sì, conosco tutti!” – “Ma tu conosci il nome di tutti?” – “Sì, anche il nome dei cani delle famiglie”. Questo è il fuoco mite
che porta l’apostolato alla luce di Gesù. E poi, non è fuoco di brace quello che ogni giorno riscalda la vita di tanti sposi cristiani? La santità coniugale! Ravvivato con una preghiera semplice, “fatta in casa”, con gesti e sguardi di tenerezza, e con l’amore che pazientemente accompagna i figli nel loro cammino di crescita. E non dimentichiamo il fuoco di brace custodito dai vecchi – sono un tesoro, tesoro della Chiesa – il focolare della memoria, sia nell’ambito familiare sia in quello sociale e civile. Quant’è importante questo braciere dei vecchi! Attorno ad esso si radunano le famiglie; permette di leggere il presente alla luce delle esperienze passate, e di fare scelte sagge. Cari fratelli Cardinali, nella luce e nella forza di questo fuoco cammina il Popolo santo e fedele, dal quale siamo stati tratti noi, da quel popolo di Dio, e al quale siamo stati inviati come ministri di Cristo Signore. Che cosa dice in particolare a me e a voi questo duplice fuoco di Gesù, il fuoco irruente e il fuoco mite? Mi pare che ci ricordi che un uomo di zelo apostolico è animato dal fuoco dello Spirito a prendersi cura coraggiosamente delle cose grandi come delle piccole, perché “non
coerceri a maximo, contineri tamen a minimo, divinum est”. Non dimenticare: questo porta San Tommaso nella Prima Primae. Non coerceri a maximo: avere grandi orizzonti e grande voglia di cose grandi; contineri tamen a minimo, è divino, divinum est. Un Cardinale ama la Chiesa, sempre con il medesimo fuoco spirituale, sia trattando le grandiquestioni sia occupandosi di quelle piccole; sia incontrando i grandi di questo mondo – deve farlo,
tante volte –, sia i piccoli, che sono grandi davanti a Dio. Penso, ad esempio, al Cardinale Casaroli, giustamente celebre per il suo sguardo aperto ad assecondare, con dialogo sapiente e paziente, i nuovi orizzonti dell’Europa dopo la guerra fredda – e Dio non voglia che la miopia umana chiuda di nuovo quegli orizzonti che Lui ha aperto! Ma agli occhi di Dio hanno altrettanto valore le visite che regolarmente egli faceva ai giovani detenuti in un carcere minorile di Roma, dove era chiamato “Don Agostino”. Faceva la grande diplomazia – il martirio della pazienza, così era la sua vita – insieme alla visita settimanale a Casal del Marmo, con i giovani. E quanti esempi di questo tipo si potrebbero portare! Mi viene in mente il Cardinale Van Thuân, chiamato a pascere il Popolo di Dio in un altro scenario cruciale del XX secolo, e nello stesso tempo animato dal fuoco dell’amore di Cristo a
prendersi cura dell’anima del carceriere che vigilava sulla porta della sua cella. Questa gente non aveva paura del “grande”, del “massimo”; ma anche prendeva il “piccolo” di ogni giorno. Dopo un incontro nel quale il Cardinale Casaroli aveva informato San Giovanni Paolo II della sua ultima missione – non so se in Slovacchia o in Cechia, uno di questi Paesi, si parlava di alta politica –, e quando se ne stava andando il Papa lo chiamò e gli disse: “Ah, Eminenza, una cosa: Lei continua ad andare da quei giovani carcerati?” – “Sì” – “Non li lasci mai!”. La grande diplomazia e la piccola cosa pastorale. Questo è il cuore di un prete, il cuore di un Cardinale. Cari fratelli e sorelle, ritorniamo con lo sguardo a Gesù: solo Lui conosce il segreto di questa magnanimità umile, di questa potenza mite, di questa universalità attenta ai dettagli. Il segreto del fuoco di Dio, che scende dal cielo rischiarandolo da un estremo all’altro e che cuoce lentamente il cibo delle famiglie povere, delle persone migranti, o senza una casa. Gesù vuole gettare anche oggi questo fuoco sulla terra; vuole accenderlo ancora sulle rive delle nostre storie quotidiane. Ci chiama per nome, ognuno di noi, ci chiama per nome: non siamo un numero; ci guarda negli occhi, ognuno di noi, lasciamoci guardare negli occhi, e ci chiede: tu, nuovo Cardinale – e tutti voi, fratelli Cardinali –, posso contare su di te? Quella domanda del Signore. E non voglio finire senza un ricordo al cardinale Richard Kuuia Baawobr, vescovo di Wa, che ieri, all’arrivo a Roma, si sentiva male ed è stato ricoverato per un problema al cuore e gli hanno fatto, credo, un intervento, qualcosa del genere. Preghiamo per questo fratello che doveva essere qui ed è ricoverato”.