Papa Francesco nella comunità di Qaraqosh: “Non siete soli, la Chiesa vi è vicina”

Il Santo Padre visita la città del nord dell'Iraq, ferita dalla guerra ma dove resiste la fratellanza: "Il perdono è necessario per rimanere nell'amore"

Iraq
Foto © Vatican Media

Qaraqosh è come Mosul, Erbil e tutte le altre zone violate della Piana di Ninive. Qui Papa Francesco viene ricevuto dal patriarca Ignace Youssif Younan e dalle testimonianze di Doha Sabah Abdallah e padre Ammar Yako. Qui la guerra ha colpito in modo altrettanto devastante ma la comunità ha resistito, con la sua diversità culturale e religiosa, armonizzata nonostante le sofferenze. Il Santo Padre lo ricorda nel suo discorso, parlando di una bellezza che “non è monocromatica, ma risplende per la varietà e le differenze“. La quale, tuttavia, non riesce a celare i segni dell’odio e della guerra: ” Questo nostro incontro dimostra che il terrorismo e la morte non hanno mai l’ultima parola. L’ultima parola appartiene a Dio e al suo Figlio, vincitore del peccato e della morte”.

Qaraqosh, la vicinanza della Chiesa

Ferite che, però, non devono scoraggiare la bellezza insita nella fraternità che anima Qaraqosh: “Adesso è il momento di ricostruire e ricominciare, affidandosi alla grazia di Dio, che guida le sorti di ogni uomo e di tutti i popoli. Non siete soli! La Chiesa intera vi è vicina, con la preghiera e la carità concreta. E in questa regione tanti vi hanno aperto le porte nel momento del bisogno”. Non c’è solo l’urgenza della ricostruzione degli edifici ma anche dei legami: “Guardiamo i nostri figli, sapendo che erediteranno non solo una terra, una cultura e una tradizione, ma anche i frutti vivi della fede che sono le benedizioni di Dio su questa terra. Vi incoraggio a non dimenticare chi siete e da dove venite! A custodire i legami che vi tengono insieme, vi incoraggio a custodire le vostre radici”.

Perdono e gratitudine

Non bisogna cedere, ricorda il Santo Padre, ai momenti in cui la fede vacilla, nemmeno nei momenti più bui, come quelli della guerra. E questo soprattutto in una terra dai tanti “santi della porta accanto”. Riferendosi alla testimonianza di Doha, Papa Francesco ha ricordato che “il perdono è necessario per rimanere nell’amore, per rimanere cristiani. La strada per una piena guarigione potrebbe essere ancora lunga, ma vi chiedo, per favore, di non scoraggiarvi. Ci vuole capacità di perdonare e, nello stesso tempo, coraggio di lottare”. E poi la gratitudine, che “nasce e cresce quando ricordiamo i doni e le promesse di Dio. La memoria del passato plasma il presente e ci porta avanti verso il futuro”.

La tenerezza della Madre

Non bisogna stancarsi, spiega il Pontefice, “di pregare per la conversione dei cuori e per il trionfo di una cultura della vita, della riconciliazione e dell’amore fraterno, nel rispetto delle differenze, delle diverse tradizioni religiose, nello sforzo di costruire un futuro di unità e collaborazione tra tutte le persone di buona volontà”. E ricorda: “Mentre arrivavo con l’elicottero, ho visto la statua della Vergine Maria su questa chiesa dell’Immacolata Concezione, e ho affidato a lei la rinascita di questa città. La Madonna non solo ci protegge dall’alto, ma con tenerezza materna scende verso di noi. La sua effigie qui è stata persino ferita e calpestata, ma il volto della Madre di Dio continua a guardarci con tenerezza”. Perché così “fanno le madri: consolano, confortano, danno vita”.