Papa Francesco incontra in Vaticano i genitori di don Malgesini

Il pontefice “chi prega non è un illuso”, “Dio piange per i nostri dolori”

don Malgesini
Don Roberto Malgesini

Un incontro sentito e ricco di amore quello tra Papa Francesco ed i genitori di Don Malgesini, sacerdote della diocesi di Como che è stato ucciso nel suo servizio per aiutare.  “Le lacrime di quei genitori sono le lacrime loro, e ognuno di loro sa quanto ha sofferto nel vedere questo figlio che ha dato la vita nel servizio del povero”. “Quando noi vogliamo consolare qualcuno non troviamo parole, perché non possiamo arrivare al suo dolore, perché il suo dolore è suo, le lacrime sono sue”, ha proseguito Francesco ancora fuori testo: “Lo stesso con noi: il mio dolore è mio, le lacrime sono mie, e con queste lacrime, con questo dolore, mi rivolgo al Signore”.

Le parole del Papa ai genitori di don Malgesini

“Tutti i dolori degli uomini per Dio sono sacri”, ha detto il Papa nella cetechesi, dedicata oggi, continuando il ciclo sulla preghiera, al Libro dei Salmi. “Esso fa parte dei libri sapienziali, perché comunica il ‘saper pregare’ attraverso l’esperienza del dialogo con Dio – ha spiegato -. Nei salmi troviamo tutti i sentimenti umani: le gioie, i dolori, i dubbi, le speranze, le amarezze che colorano la nostra vita”. Secondo Francesco, “leggendo e rileggendo i salmi, noi impariamo il linguaggio della preghiera”. In sintesi, “i salmi sono la parola di Dio che noi umani usiamo per parlare con Lui”. 

La sofferenza che si trasforma in domanda

Nei salmi – ha proseguito il Pontefice – sentiamo le voci di oranti in carne e ossa, la cui vita, come quella di tutti, è irta di problemi, di fatiche, di incertezze. Il salmista non contesta in maniera radicale questa sofferenza: sa che essa appartiene al vivere”. Nei salmi, però, “la sofferenza si trasforma in domanda. Dal soffrire al domandare”. E “tra le tante domande, ce n’è una che rimane sospesa, come un grido incessante che attraversa l’intero libro da parte a parte, una domanda che anche noi ripetiamo tante volte: “Fino a quando Signore? Fino a quando?”. Ogni dolore reclama una liberazione, ogni lacrima invoca una consolazione, ogni ferita attende una guarigione, ogni calunnia una sentenza di assoluzione. “Fino a quando Signore dovrò soffrire questo? Ascoltami Signore”. Quante volte noi abbiamo pregato così? Col “fino a quando? Smettila Signore. Fino a quando?”. Ponendo in continuazione domande del genere, i salmi ci insegnano a non assuefarci al dolore, e ci ricordano che la vita non è salvata se non è sanata”.

Il significato della preghiera

Per il Papa, “la preghiera dei salmi è la testimonianza di questo grido: un grido molteplice, perché nella vita il dolore assume mille forme, e prende il nome di malattia, odio, guerra, persecuzione, sfiducia… Fino allo “scandalo” supremo, quello della morte”. L’orante dei salmi, ha aggiunto, “chiede a Dio di intervenire laddove tutti gli sforzi umani sono vani. Ecco perché la preghiera, già in sé stessa, è via di salvezza e inizio di salvezza”. “Nei salmi – ha concluso -, il credente trova una risposta. Egli sa che, se anche tutte le porte umane fossero sprangate, la porta di Dio è aperta. Se anche tutto il mondo avesse emesso un verdetto di condanna, in Dio c’è salvezza”.