NO BORDER: “NON C’ENTRIAMO CON LA MORTE DEL POLIZIOTTO”. ANNULLATA MANIFESTAZIONE

“Non c’entriamo nulla con la morte dell’agente di polizia, avvenuta per cause naturali mentre i suoi colleghi ci inseguivano e picchiavano”. Lo hanno affermato in un incontro con i giornalisti a Ventimiglia alcuni No border, annunciando di avere annullato la manifestazione prevista per oggi pomeriggio a Ventimiglia. “Non vogliamo cadere in trappola, per questo abbiamo annullato la manifestazione a favore di un presidio fisso a difesa delle ‘persone in viaggio’ che sono recluse nel centro di Ventimiglia”. La polizia ha perquisito la sede degli attivisti No borders di Camporosso denunciando 25 persone per i tafferugli di ieri e producendo altrettanti fogli di via e tre espulsioni dal territorio nazionale.

Diego Turra, 52 anni, agente di polizia del Reparto Mobile di Genova, stava prestando servizio presso l’ex caserma dei Vigili del fuoco dove una quarantina di attivisti “No border” aveva occupato l’edificio quando, all’improvviso, si è accasciato a terra. Subito soccorso dai colleghi presenti, Turra era stato trasferito d’urgenza all’ospedale di Sanremo dove, però, era deceduto poco dopo. Sarà l’autopsia a chiarire con certezza le cause del decesso; molto probabilmente si è trattato di un infarto improvviso.

“Dolore” aveva scritto, in merito al decesso, il presidente della Regione, Giovanni Toti. “Rabbia per gli irresponsabili che alimentano tensioni e provocano scontri in un clima già drammatico. Basta No border – ha concluso Toti – zero tolleranza. Il governo intervenga”. Anche il sindacato di polizia aveva polemizzato sulla scelta di mandare un agente in età avanzata in missioni particolarmente “movimentate”, con tutta l’attrezzatura anti guerriglia e con temperature proibitive.

“Il presidio permanente No Border di Ventimiglia – si legge nel sito dei manifestanti – nasce l’11 Giugno, quando un gruppo di migranti per resistere a uno sgombero trova rifugio sugli scogli, riuscendo cosi ad evitare l’identificazione e continuare a lottare per la propria libertà. Da allora reti di solidarietà si sono mosse dai diversi territori organizzandosi per costruire un laboratorio permanente di convivenza e di resistenza alla politiche repressive, che si manifestano in varie forme sui territori di confine. Da Lampedusa a Calais passando per Ventimiglia, i popoli migranti vivono quotidianamente l’impossibiltà di spostarsi liberamente attraverso l’europa, alla ricerca di una vita che esuli dalla mera sopravvivenza. Il presidio ospita soggettività ed individualità diverse provenienti da realtà ed esperienze differenti, accomunate dal desiderio di opporsi fortemente alle logiche di potere discriminatorie per rivendicare il diritto alla mobilità, non solo per i migranti, ma per tutti quelli che quotidianamente vedono minacciata o limitata la propria libertà”.