Legnano: anche esplosivo tra i beni sequestrati alla ‘Ndrangheta

Undici le persone arrestate nelle Province di Milano, Varese, Pavia e Reggio Calabria. Indagati funzionario Anas e due agenti municipali

Un arresto dei carabinieri (immagine di repertorio)

I lunghi tentacoli della ‘Ndrangheta arrivano anche al Legnano: è quanto scoperto grazie all’operazione KriMIsa. 

I carabinieri del Comando Provinciale e del reparto anticrimine di Milano, con il supporto di unità speciali, cinofile ed elicotteri, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per 11 persone. Gli arresti sono stati fatti nelle Province di Milano, Varese, Pavia e Reggio Calabria.

Metodo mafioso

Gli arrestati – spiega una nota del comando – sono ritenuti responsabili di corruzione, estorsione, rapina, spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione e porto illegale di armi da fuoco clandestine ed alterate, tra cui un potente esplosivo, incendio doloso, minaccia aggravata, favoreggiamento personale.

Condotte tutte aggravate dal “metodo mafioso” perché commesse per agevolare le attività consortili della locale di ‘ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo.

Operazione KriMIsa

L’attività, coordinata dalla Dda di Milano, è la naturale prosecuzione dell’operazione “KriMIsa” dell’aprile 2017, culminata nell’esecuzione di 34 provvedimenti cautelari restrittivi eseguiti nel luglio 2019, “nell’ambito della quale era stato cristallizzato l’avvio del processo di ridefinizione degli assetti organizzativi delle famiglie di ‘ndrangheta componenti la locale di Legnano-Lonate Pozzolo, collegata alla cosca Farao-Marincola egemone in Cirò Marina e la ricostituzione della locale stessa, nonché la ramificata infiltrazione negli apparati istituzionali locali ed il condizionamento delle ultime elezioni amministrative nel comune di Lonate Pozzolo. In quel contesto era peraltro stato arrestato un Consigliere del comune di Ferno, intraneo alla cosca. Erano altresì emersi rapporti diretti tra esponenti di spicco della consorteria mafiosa e vari funzionari amministrativi locali”.

Le indagini che hanno portato all’operazione di oggi “hanno consentito non solo di confermare l’assoluta pervasività dell’associazione mafiosa negli apparati pubblici e nelle amministrazioni locali ma – spiegano ancora i militari – hanno permesso di documentare il potere delle cosche di ‘Ndrangheta anche in territorio estero confermandone ancora una volta la vocazione transnazionale”.

Favoreggiamento

In particolare, è stata ricostruita l’attività di favoreggiamento commessa da un consulente esterno della Procura di Busto Arsizio: l’uomo, titolare di un’agenzia investigativa, effettuava infatti “bonifiche” di microspie, gps e telecamere installate dalla P.G., oltre a fornire informazioni sulle indagine in corso.

E poi un funzionario Anas che prima eleva verbali e poi li annulla e si mette a disposizione per garantire il completamento dei lavori dietro la promessa di un escavatore.

E’ stata inoltre accertata una violenta estorsione avvenuta a Malta a inizio anno da parte di un gruppo di indagati legati a Vincenzo Rispoli, storico capo della locale di “Legnano – Lonate Pozzolo”, tra i quali figura anche la figlia dello stesso. Gli indagati avevano lavorato in nero per un imprenditore italiano che non li aveva pagati e lo avevano quindi picchiato selvaggiamente costringendolo a versare quanto preteso.

L’esplosivo e le armi del clan

Le indagini coordinate dalla DDA di Milano, inoltre, consentivano di documentare rapporti e condotte illecite di due Ufficiali della Polizia Locale di Ferno e Lonate Pozzolo (indagati ma non destinatari di provvedimenti coercitivi) e di individuare le armi della locale (10 Kg. di esplosivo ad alto potenziale Tutagex 821. Il tutagex è un esplosivo gelatinoso che si usa nelle cave e che è stato adoperato in diverse occasioni anche dalla criminalità organizzata dell’est Europa.

Trovate anche 4 pistole ed un fucile a canne mozze tutti con matricola abrasa, silenziatori e centinaia di munizioni) oltre che sequestrare preventivamente beni e società per circa 500.000 euro.

Collaboratore di giustizia

Fondamentali per le indagini della Dda di Milano sono state le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Emanuele De Castro, palermitano ma da anni residente a Lonate Pozzolo, che è stato il principale collaboratore di Vincenzo Rispoli, ritenuto il capo della “locale” di Legnano in virtù delle parentele con i Farao-Marincola.

Nel 2019 De Castro ha ammesso ai pm l’esistenza della locale di Legnano – Lonate Pozzolo, precisando i rapporti di collaborazione con la locale di Cirò. Inoltre, ha ricostruito il suo ingresso descrivendo il rito di affiliazione, i partecipanti e le cariche assunte.

De Castro non ha solo confermato le evidenze raccolte dagli investigatori ma ha anche fornito informazioni nuove e inedite riguardanti – come scrive il gip Alessandra Simion nella sua ordinanza – “sia persone non ancora indagate, che reati (in particolare omicidi) non ancora risolti. (…) La sua collaborazione ha portato la procura ad aprire nuovi filoni di indagine, ha consentito altresì il rinvenimento di un considerevole quantitativo di armi e di un potente esplosivo (tutagex), in tal modo sottratti alla disponibilità dell’associazione mafiosa”.

L’esplosivo a cui si fa riferimento è stato trovato il 3 gennaio 2019 a Ferno (Varese) dai carabinieri di Busto Arsizio a casa di Nicodemo Abbruzzese, che custodiva una pistola con matricola abrasa, un fucile calibro 12 a canne mozze, e 7 candelotti di tutagex 821, quest’ultimo confezionato in una busta di plastica con la scritta “Ortofrutta Rispoli Corso Italia 4, Vanzaghello (Milano)”, negozio di proprietà di un nipote di Vincenzo Rispoli.