Migranti, in sei perdono la vita tra cui due bambini

I piccoli avevano uno e due anni, oltre a loro sono morti, presumibilmente "di fame e di sete" secondo l'Unhcr, un dodicenne e tre adulti

Sei rifugiati siriani, fra cui due bambini di uno e due anni, un dodicenne e tre adulti, sono morti su un barcone presumibilmente “di fame e di sete”, afferma l’Unhcr sottolineando che l’Agenzia sta assistendo i sopravvissuti sbarcati a Pozzallo, nel ragusano, molti dei quali “presentano condizioni estremamente gravi, tra cui ustioni”. Si tratta di 28 migranti soccorsi da un mercantile liberiano nei giorni scorsi, al largo della Libia, secondo la Guardia costiera italiana, poi trasferiti sulla motovedetta. “E’ inaccettabile – aggiunge Cardoletti – Rafforzare il soccorso in mare è l’unico modo per evitare queste tragedie”.

I sopravvissuti

La Guardia costiera italiana sottolinea che il trasferimento dei naufraghi sulla motovedetta è avvenuto ad un’ottantina di miglia al largo delle coste siciliane e che sul mercantile non c’erano i corpi delle sei persone – due bimbi, un adolescente e tre donne – che secondo il racconto degli stessi migranti sarebbero morti di sete e fame. Il mercantile, dice ancora la Guardia costiera, “si trovava in navigazione in prossimità della piccola imbarcazione alla deriva e procedeva al recupero di tutte le persone presenti a bordo” dopo essere stata “precedentemente dirottata in zona dalla Centrale operativa della Guardia costiera italiana, unitamente ad un altro mercantile di bandiera italiana” proprio “per dare assistenza all’unità in difficoltà”. Dalla nave inoltre “nella giornata di ieri veniva evacuata per gravi motivi sanitari una bambina in grave stato di disidratazione, e trasportata urgentemente, insieme alla madre, a La Valletta tramite un elicottero maltese”. I 28 sopravvissuti sono in “discrete condizioni di salute”.

Le vittime

Le vittime e i sopravvissuti, spiega l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati, si trovavano su un barcone alla deriva da diversi giorni nel Mediterraneo centrale, prima che a soccorrerli arrivasse una nave della Guardia Costiera italiana. Oltre ai due bambini, sarebbero morti un dodicenne e tre donne tra cui la nonna e la madre di alcuni bimbi che invece sono sopravvissuti. “Si pensa che siano morti di fame e di sete” ribadisce l’Unhcr esprimendo le condoglianze ai familiari delle vittime e ricordando che nel 2022 sono oltre 1.200 le persone che sono morte e risultano disperse nel tentativo di traversare il Mediterraneo e raggiungere l’Europa. “Questa inaccettabile perdita di vite umane e il fatto che il gruppo abbia trascorso diversi giorni alla deriva prima di essere soccorso – dice la rappresentante dell’Unhcr in Italia Claudia Cardoletti – Il soccorso in mare è un imperativo umanitario saldamente radicato nel diritto internazionale” ma “allo stesso tempo è necessario fare di più per ampliare i canali sicuri e regolari e crearne di nuovi per fare in modo che le persone in fuga da guerre e persecuzioni possano trovare sicurezza senza mettere ulteriormente a rischio le loro vite”.

Padre Ripamonti: “Trasformare migrazioni in risorsa per società”

Il Centro Astalli, il servizio dei gesuiti per i rifugiati in Italia, esprime profondo cordoglio e dolore per i sei migranti siriani trovati senza vita su una barca giunta poche ore fa a Pozzallo. Il presidente del Centro Astalli padre Camillo Ripamonti ha commentato: “Siamo sgomenti e addolorati per questa tragica notizia. Inaccettabile e profondamente sbagliato che l’Europa si ostini a lasciar morire nell’indifferenza sempre più colpevole degli innocenti. Si tratta di disperati in fuga da guerre, persecuzioni e miseria che cercano salvezza affidandosi ai trafficanti, in mancanza di alternative legali”. Il Centro Astalli chiede con forza a chi si candida a governare il Paese e alle istituzioni nazionali e sovranazionali: la tempestiva attivazione di un’operazione di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale che salvi i migranti in difficoltà e li conduca in un porto sicuro che non può essere la Libia; l’apertura immediata di canali umanitari dalle zone di guerra o di crisi umanitarie e quote d’ingresso per la gestione di una migrazione legale, ordinata e sicura. Ripamonti conclude: “Continuare a restare fermi in posizioni di chiusura, voler bloccare gli arrivi è irrealistico. Governare le migrazioni per trasformarle in una risorsa per le nostre società è un banco di prova in cui si misurano capacità di costruire il bene comune e visione del futuro”.