MEDIO ORIENTE, UN ALTRO RAMADAN DI SANGUE

E’ il mese sacro dell’Islam, quello del pentimento e della purificazione. Un momento di preghiera, riflessione, contrizione interiore assimilabile, per molti tratti, alla nostra Quaresima. Ma per troppi popoli il Ramadan, anche quest’anno, si tingerà del colore rosso del sangue. La guerra infuria travolgendo centinaia di vite umane: Siria, Iraq, Libia, Yemen, Afghanistan, Nigeria e altri Paesi africani. Scontri e rivoluzioni, lotte tribali o tra diverse tradizioni coraniche. Non pace in quelle terre martoriate dall’odio e dall’efferatezza. Luoghi bellissimi, antichi, in cui dovrebbe respirarsi il profumo della storia, invece che la puzza di morte. Per altri, poi, il mese di digiuno sarà l’ennesimo periodo di fuga lungo i deserti alla ricerca del mare, subendo il ricatto dei trafficanti di esseri umani. A scuotere il Medio Oriente è, però, soprattutto l’Isis. Era proprio il primo giorno di Ramadan del 2014, il 29 giugno, quando Abu Bakr al-Baghdadi, autoproclamandosi Califfo, annunciava la nascita di un sedicente Stato Islamico, dopo che il 10 giugno i jihadisti dell’Is avevano conquistato Mosul, la seconda città irachena, a maggioranza sunnita e – in passato – con una forte presenza cristiana.

Da allora il Daesh è cresciuto, ha conquistato terreno, ha ucciso migliaia di persone, decapitato giornalisti, occidentali, o presunti “infedeli”. Non solo: secondo la Financial Action Task Force, con sede a Parigi, sono 4.500 i siti archeologici sotto il controllo del gruppo. L’Is, noto per una serie infinita di orrori e brutalità, sta foraggiando le sue casse con milioni di dollari che derivano dal saccheggio dei siti in Siria e Iraq e dalla vendita dei reperti e continua a rafforzarsi nonostante i raid della coalizione, quasi 4.000 dall’inizio delle operazioni. I jihadisti uccisi dalla coalizione sono più di 10mila, secondo gli ultimi dati annunciati dagli Usa. E stando all’Onu i foreign fighters sono più di 25mila, provenienti da oltre 100 Paesi.

“L’Iraq sta attraversando la peggiore crisi umanitaria degli ultimi decenni”, hanno detto da Medici Senza Frontiere. Lo scorso mese l’Onu hanno denunciato l’uccisione in Iraq di almeno 12mila civili. Ma secondo l’Iraq Body sarebbero oltre 17mila. E da inizio anno l’organizzazione ha già documentato la morte di più di 7.300 civili.

In Siria la situazione non è diversa. Il conflitto scoppiato nel Paese arabo nel 2011 ha fatto decine e decine di migliaia di morti. L’ultimo bilancio dell’Osservatorio siriano per i diritti umani parla di oltre 230mila vittime, tra i quali più di 69mila civili e circa 11.500 bambini. Quattro anni dopo l’inizio della guerra, Raqqa è divenuta la roccaforte degli jihadisti. Si moltiplicano anche gli allarmi per il vicino Libano. Per il primo anniversario, temono gli analisti, l’Is potrebbe lanciare nuove offensive in Iraq e Siria, colpire i luoghi sacri della comunità sciita fino all’Arabia Saudita e allo Yemen.

In Arabia Saudita è massima allerta dopo i due sanguinosi attentati di maggio contro moschee frequentate dalla comunità sciita a Damman e Qatif, entrambi rivendicati da una cellula locale dello Stato Islamico. Il vicino Yemen “è una bomba a orologeria”, ha ammesso il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon. Oltre 20 milioni di persone nel Paese arabo, circa l’80% della popolazione, hanno bisogno di assistenza umanitaria urgente. Ban ha chiesto due settimane di tregua umanitaria, in concomitanza con l’inizio del Ramadan. Dal 26 marzo nel Paese, per contrastare l’avanzata dei ribelli Houthi (sciiti) che Teheran è accusata di sostenere, è intervenuta la coalizione sunnita guidata da Riad, storica rivale dell’Iran che entro fine giugno punta a concludere un accordo definitivo con il gruppo “5+1” sul programma nucleare.

In Nord Africa, specie in Libia, domina il caos. Secondo il Libya Body Count, più di 3.400 persone sono rimaste uccise da quando – nel maggio 2014 – il generale Khalifa Haftar ha lanciato la sua “Operazione Dignità” contro i “terroristi”, le milizie islamiche e i loro alleati. E’ di pochi giorni fa l’annuncio dell’Is che ha rivendicato di aver preso il pieno controllo della città di Sirte e di una vicina centrale termoelettrica, sottraendoli alle milizie islamiche Alba della Libia, alleate del governo di Tripoli.