Blitz contro la mafia nigeriana nel Piceno: pericolosa come quella tradizionale

Massiccia operazione della Squadra Mobile di Teramo contro una cellula: in manette 19 persone, appartenenti alla pericolosa Sec, radicata in Nigeria

centro migranti

E’ stata definita “Supreme Eiye Confraternity”, meglio nota come Sec, l’associazione di stampo mafioso alla quale l’operazione “Pesha” della Polizia di Stato ha assestato un duro colpo. A conclusione di una lunga e articolata attività di indagine, come riferito dagli investigatori, gli agenti della Squadra Mobile di Teramo hanno eseguito il fermo di 19 persone, tutti cittadini nigeriani, ritenuti affiliati all’organizzazione radicata in Nigeria ma diffusa in molti Stati sia europei che extraeuropei. Il fermo è stato disposto dalla Direzione Distrettuale Antimafia de L’Aquila, sotto il coordinamento del Sostituto Procuratore David Mancini, diretta dal V.Q.A. Roberta Cicchetti, con il personale della Sezione Contrasto alla Criminalità organizzata, in collaborazione con la Squadra Mobile di Ancona.

L’organizzazione

Un’indagine che ha permesso di debellare un pericoloso ramo della Sec il quale, secondo gli inquirenti, “è strutturato in articolazioni nazionali denominate “Aviary” e suddivise, a loro volta, in cellule territoriali rientranti sotto il nome di “Nest” (“Nido”). Un’associazione che, come spiegato dagli inquirenti, prevede una rigida gerarchia, con tanto di ruoli e cariche cui corrispondono specifici poteri, esattamente come le mafie tradizionali. Poteri finalizzati al rispetto delle regole interne ma anche all’esercizio di modalità di intimidazione al di fuori. Un’organizzazione finalizzata alla commissione di delitti e reati di varia natura, dal riciclaggio all’illecita intermediazione finanziaria verso la Nigeria, fino alla tratta di giovani donne a scopo di sfruttamento sessuale e alla cessione di stupefacenti. A questi, si aggiungono presunti reati violenti nei confronti degli aderenti.

Come una mafia tradizionale

Elementi che hanno portato gli inquirenti ad accostare le attività della Sec a quella della mafia tradizionale. Riscontrandone, come ricordato anche dal direttore della Dac, Francesco Messina, la medesima pericolisità. Fra le modalità di azione, l’utilizzo di simboli e codici linguistici ai fini di garantire segretezza interna. L’organizzazione si avvaleva della forza dell’intimidazione, determinando assoggettamento,omertà e controllo del territorio, con particolare riferimento alla comunità nigeriana. Il che, naturalmente, si rifletteva sulla comunità in senso complessivo. Nell’ambito delle indagini, sarebbero stati individuati episodi di conflitti violenti con organizzazioni rivali (soprattutto i Black Axe, a Pesaro e Ancona) ed esercizio di pressione su terzi ai fini di constringerli ad affiliarsi. Fondamentale il lavoro svolto dalla Polizia di Stato, che ha infine eseguito gli arresti vista la sussistenza del rischio di fuga per tutti i sospettati.