L’IPOCRISIA DEI POTENTI SUGLI APPELLI DEL PAPA

Ora il Congresso non applaude più. Passata l’enfasi del momento, il doveroso riconoscimento formale all’uomo “della riconciliazione”, la macchina si è rimessa in moto, incurante. Parole, aspettative, promesse, propositi buoni solo per cavalcare l’onda dell’entusiasmo sono rimasti tali. “Bene ha profetati di voi Isaia – dice Cristo nel Vangelo di Marco – questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore è lontano da me”. In duemila anni il potere non è cambiato: grandi sorrisi di circostanza per nascondere l’incessante opera di perpetuazione del sistema. Anche quando uccide, devasta, genera miseria. Stavolta a farne le spese è stata Kelly Gissedaner, una donna di 47 anni giustiziata in Georgia (Usa) poche ore dopo l’accorato appello di Papa Francesco contro la pena di morte. “Fermate la sua esecuzione” era stato il messaggio giunto dal Vaticano per mezzo del nunzio apostolico negli Stati Uniti mons. Carlo Marià Viganò, alle autorità locali poche ore prima dell’iniezione letale. Carta straccia. Parole disperse nel primo vento autunnale.

La donna, primo detenuto di sesso femminile a essere giustiziato in Georgia dal 1945 a oggi, era stata condannata per aver fatto uccidere il marito dall’amante. Crimine efferato di cui, secondo Viganò, non si poteva ridurre la gravità. E tuttavia, nella stringata lettera papale si chiedeva (anzi si implorava) di commutare la pena affinché si salvaguardassero tanto la giustizia quanto “la misericordia”. Niente da fare: a vincere è stato ancora una volta il boia. Del resto Barack Obama, nel salutare Bergoglio alla Casa Bianca, aveva parlato di ruolo “sociale” svolto dai cattolici in America. “Sociale” e non “politico”, un modo come un altro per ribadire che sui temi sensibili o scomodi la Chiesa non ha alcuna voce in capitolo. Dalla vendita delle armi, alla lotta alla povertà, passando per le guerre, il reinserimento dei carcerati e la famiglia. I potenti sembrano impermeabili al messaggio evangelico. L’unico tema su cui sembra muoversi qualcosa è quello dell’ambiente. Dal 30 novembre all’11 dicembre 2015 i grandi della Terra si riuniranno, infatti, a Parigi nella più importante Conferenza sul clima del secolo, il cui titolo potrebbe essere “salviamo l’umanità, prima che sia troppo tardi”.

Le bellezze del Creato vengono spazzate via dalla follia dell’uomo, che imperterrito contamina o distrugge sperimentando strumenti di sterminio sempre più letali. “Ci sono imprenditori che si dicono cristiani e investono in armi. Parlare di pace e fabbricare armi è ipocrisia” aveva detto con forza il Papa incontrando i giovani a Torino lo scorso giugno. “Dobbiamo chiederci perché armi mortali sono vendute a coloro che pianificano di infliggere indicibili sofferenze a individui e società?” ha ribadito al Congresso Usa. Eppure gli affari vanno avanti. L’ultimo report del Sipri (Stockholm International Peace Research Institute) parla di un giro d’affari miliardari. Stati Uniti, Russia, Francia, Regno Unito e Germania sono in testa alla classifica delle esportazioni, che arrivano in ogni angolo del globo: Arabia, Taiwan, India, Indonesia, Marocco, Polonia, Nigeria, Libia, giusto per citare alcuni acquirenti. Paesi in pace o funestati da guerre e lotte tra etnie, in cui la democrazia è un miraggio e la legge dipende dalle pallottole a disposizione. “Mai più la guerra!” ha esclamato Bergoglio in una recente udienza generale. Anche perché le carneficine generano disperazione e fughe dai Paesi natali. Così l’Ue si trova a dover affrontare il fenomeno dell’immigrazione di massa. E lo fa nel peggiore dei modi: chiudendo le frontiere. “I muri contro i migranti crolleranno” ha profetizzato durante il volo di ritorno da Filadelfia. E tuttavia nuove barriere continuano a ergersi, ai confini dell’Ungheria, o a restare in piedi, pensiamo a quelli che dividono gli Stati Uniti dal Messico o Israele dal resto della Palestina.

Ma non è solo sul fronte della politica internazionale che gli accorati appelli del Papa non vengono ascoltati e messi in pratica. Anche l’Italia ha più volte tradito il Pontefice. Basti pensare al problema delle carceri, più volte sollevato da Francesco, ma a cui, sinora, non è stato messo mano. O alle tematiche inerenti la famiglia. A pochi mesi dalle parole sui pericoli rappresentati dalla teoria gender (Bergoglio la definì “espressione della frustazione che cancella le differenze”) è seguita l’approvazione di una riforma della scuola in cui le, pur giuste, misure anti omofobia e contro la discriminazione sessuale non hanno tratti definiti. Infine lo smacco del sindaco di Roma, Ignazio Marino, che annunciò urbi et orbi la creazione di un registro delle unioni civili a pochi giorni dalla chiusura del Sinodo sulla Famiglia, fortemente voluto dal successore di Pietro.

Bergoglio, tuttavia, è in buona compagnia. Non sempre la moral suasion operata dai pontefici è andata a buon fine. Basti ricordare le parole di Benedetto XV sulla “inutile strage” rappresentata dalla “Grande Guerra”. O quelle pronunciate da Pio XII pochi giorni prima del bombardamento tedesco sulla Polonia che aprì il secondo confitto bellico mondiale (“nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra”). In tempi, poi, c’è stato l’allarme lanciato da Ratzinger a Ratisbona sui pericoli rappresentati dal fondamentalismo (che fu poi fatto passare come un insulto a tutto l’Islam). Parole, invocazioni, richieste di grazie provenienti da uomini che conoscono il mondo. Ma che il mondo rifiuta. Tanto a pagare il conto degli interessi che diventano idoli non è mai chi abita il Palazzo.