L’Independence Day di Trump, tra Colombo e accuse alla Cina

Dal Monte Rushmore alla Casa Bianca, con distanziamenti approssimativi e quasi nessuna mascherina: il presidente condanna la furia iconoclasta

Trump

“Nessuno toccherà mai Monte Rushmore”. E il 4 luglio scorre sostanzialmente come era previsto che scorresse. Sotto gli occhi di granito di quattro dei suoi predecessori, il presidente americano allestisce uno show più che un discorso sull’Independence Day, scegliendo la strada del rilancio in grande stile in una fase in cui, secondo i sondaggi, le preferenze arrancano. Il contesto però non lo ha aiutato, nonostante l’oggettiva maestosità del monumento e la cornice mozzafiato delle Black Hills. Forse troppi significati a cui Monte Rushmore e la sua storia richiamano. E l’idea di accostare un discorso sull’identità americana ai piedi di un monumento scolpito in pieno territorio sacro Lakota (ignorandone le reticenze), forse alla lunga non ha pagato. Come del resto ci si aspettava.

L’Independence Day

Trump fa il suo, parla di “fascismo di estrema sinistra” che vuole “spazzare via la nostra storia e i nostri valori”, condannando “le culture della cancellazione”. Il tutto davanti a una nutrita folla che ignora quasi del tutto le mascherine e interpreta in modo approssimativo le regole (più che altro morali in quel contesto) del distanziamento sociale. Scena replicata anche alla Casa Bianca, dove il presidente ha celebrato il Giorno dell’Indipendenza di fronte a decine di persone sedute nel South Lawn, anche qui con distanziamento solo a parole. Il presidente ribadisce sostanzialmente quanto detto in South Dakota: “Insieme combatteremo per il sogno americano e difenderemo e proteggeremo lo stile di vita americano, iniziato nel 1492 con la scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo”.

Coronavirus e vaccino

Ancora una volta, nei discorsi presidenziali torna il navigatore genovese e il suo ruolo cruciale nella colonizzazione delle Americhe, dopo che le statue a lui dedicate sono divenute oggetto di contestazione nell’ondata di protesta seguita alla morte di George Floyd: “Non consentiremo alla folla arrabbiata di buttare giù le nostre statue, cancellare la nostra storia, indottrinare i nostri figli e calpestare le nostre libertà”. E un punto sul coronavirus, che tutt’oggi continua a propagarsi negli Stati Uniti, alla fine decide di farlo con dichiarazioni che mal si sposano con i numeri: “Siamo il Paese che l’ha affrontato meglio abbiamo effettuato 40 milioni di test. La segretezza e l’insabbiamento della Cina hanno permesso al virus di espandersi in tutto il mondo”. A fermarlo dovrà pensarci il vaccino che, secondo Trump, arriverà prima della fine dell’anno.