LA STIZZA DI RENZI

Tra una partita alla Play Station e il viaggio a sorpresa in Afghanistan Matteo Renzi prova a mascherare il disappunto per il deludente risultato delle elezioni Regionali. Persa la Liguria, subita una clamorosa batosta in Veneto (la sua candidata ha racimolato la metà dei voti di Zaia), conquistate Puglia, Campania e Umbria con candidati Pd appoggiati ob torto collo il premier prova a consolarsi con la sua Toscana e le Marche. Troppo poco per chi pensava di stracciare la concorrenza e di riaffermare il predominio elettorale del Pd. La realtà si scontra con le previsioni ottimistiche della vigilia: il suo partito negli stessi territori in un anno ha perso il 20% dei consensi. La forte astensione ha avuto il suo peso, inutile negarlo, così come l’ascesa dell’opposizione dura e pura, basti pensare al boom di voti incassati da Lega Nord, prima forza del centrodestra, e Movimento 5 Stelle, secondo partito in Liguria, forte in Puglia, e capace da solo di inglobare il 20% delle preferenze. Per Renzi c’è da riflettere. In molti sono rimasti stupiti dal suo atteggiamento di questi giorni. Prima la foto, scattata durante lo spoglio, in cui lo si vedeva impegnato in una partita alla Play insieme al presidente Pd, Matteo Orfini, poi il viaggio a Herat per una visita al contingente italiano in Afghanistan in occasione del 2 giugno. Nel mezzo tanto silenzio. Troppo per un politico abituato ad appuntarsi la medaglia su ogni risultato incassato, dagli 80 euro in busta paga alle altre riforme approntate dal governo. “Vai a vedere – è stato il pensiero di tanti – che Renzi al primo stop fa finta di niente?”. Così qualcuno deve avergli consigliato di dire qualcosa. Detto fatto. “Il risultato è molto positivo. -ha commentato in serata da Herat– sono cinque le regioni guidate dal Pd. Si è passati in un anno dal 6 a 6 ad un sonoro 10 a 2 sul centrodestra. Dopo il voto di ieri andiamo avanti, dunque, con ancora maggiore determinazione nel processo di rinnovamento del partito e di cambiamento del Paese”.

Mentre il premier sembrava snobbare il risultato a metterci la faccia sono stati altri: la fedelissima Deborah Serracchiani e Orfini. L’esordio nella conferenza convocata ad hoc è stato a copione: Da quando c’è la segreteria Renzi – ha spiegato la governatrice del Friuli Venezia Giulia – abbiamo riconquistato molte Regioni del centrodestra. Chiudiamo con un netto e chiaro 5 a 2. In un anno eravamo partiti da un 6 a 6 e chiudiamo con un 10 a 2″. Dunque il governo ha ancora la fiducia degli italiani e andrà avanti sino alla sua scadenza naturale. “Siamo soddisfatti del lavoro fatto in questi mesi – ha proseguito – il risultato delle regionali ci colloca con chiarezza e determinazione nella prospettiva del 2018, ancora più determinati a portare avanti il processo delle riforme, che è stato supportato da un chiaro risultato sia a queste elezioni che alle precedenti”.

A turbare l’ottimismo del Giglio Magico c’è però la sconfitta in Liguria, causata, secondo la Serracchiani, dall’irresponsabilità della sinistra. “Ovviamente ci amareggia il risultato della Liguria” ha spiegato. Sconfitta frutto “della divisione del Pd e di una sinistra che ha ritenuto più utile far perdere il Pd piuttosto che continuare un’amministrazione di centrosinistra”. Stesso concetto espresso da Orfini. “Non sottovalutiamo il risultato della Liguria -ha evidenziato il presidente dem – che è figlio di una scelta irresponsabile della sinistra che oggi festeggia una vittoria della destra”. Critiche che non hanno scalfito Vendola che, anzi, ha rincarato la dose nei confronti del premier. “Il fascino dell’invincibilità di Matteo Renzi esce sfregiato dalle regionali – è stato l’affondo -. L’arrampicata sugli specchi sembra essere la ginnastica preferita dal gruppo dirigente Pd, quando invece il partito dovrebbe aprire una riflessione seria sugli effetti di politiche sbagliate. Mi sembra che si accontentino di continuare a fare propaganda anche dopo aver preso una botta”.

Ma per Renzi la vera spina nel fianco arriva dalla Campania dove il neo presidente De Luca rischia la sospensione in virtù della legge Severino. Secondo l’ex sindaco di Salerno tale normativa non sarebbe applicabile a chi, come lui, viene eletto per la prima volta. Ma non tutti i giuristi sono d’accordo: “La differenza tra prima e dopo esiste solo per reati di natura privata – sostiene l’avvocato Gianluigi Pellegrino citato da Rainews 24- non per l’abuso d’ufficio per cui è stato condannato De Luca”. Una volta proclamato eletto, in base allo Statuto della Campania, De Luca avrà 30 giorni per fissare la data della prima seduta del Consiglio e nominare la giunta. Nel frattempo l’autorità giudiziaria dovrà avvisare il prefetto che, a sua volta, allerterà il governo. A quel punto il premier, consultato il ministro dell’Interno, dovrà dichiarare l’eventuale sospensione del governatore e comunicarla al prefetto che a sua volta la notificherà al Consiglio regionale. Passaggi che daranno il tempo allo stesso De Luca di nominare un vicepresidente che governerà la Campania fino a quando il giudice ordinario, al quale avrà fatto ricorso, non avrà deciso se lasciarlo al suo posto in attesa della sentenza della Consulta sulla Severino che dovrebbe arrivare dopo l’estate. L’altra ipotesi è quella di un decreto legge sulla Severino. Ma è altamente improbabile che Matteo Renzi, costretto oggi a un sostegno di facciata, vorrà esporsi così tanto per un sindaco decaduto e presidente di regione sospeso con il quale non ha mai avuto un gran feeling. Insomma une bella gatta da pelare per un premier che da oggi è sicuramente meno fiducioso rispetto al passato.

Se Renzi non sorride i piccoli partiti, a cominciare da Ncd, piangono. Nel complesso l’area centrista è scesa sotto il 4%. In Veneto e in Liguria, rispetto alle europee, Ap (che comprende anche l’Udc di Pierferdinando Casini) passa dal 3,5 al 2%. Peggio le va solo in Toscana, dove arriva a malapena all’1%. In Umbria il calo è stato più contenuto (si è passati dal 3,4% al 2%). In Puglia il consenso per i popolari scende dal 7,1 al 5%. L’unica nota positiva viene dalle Marche, dove alfaniani e casiniani sono saliti al 4%.