LA LEGGE DI STABILITA’
FA CADERE I PIU’ DEBOLI

Sussidi di disoccupazione, pensioni, congedi di maternità, assistenza ai disabili, permessi di soggiorno e assegni sociali. I patronati assicurano gratuitamente una serie di servizi. Sono presenti su tutto il territorio nazionale con oltre 21mila uffici e quasi 12mila dipendenti. Il numero delle pratiche sbrigate ogni anno si aggira sugli 11 milioni. Ma Renzi cosa fa? Nella legge di Stabilità, al vaglio del Parlamento, inserisce un taglio di 150 milioni di euro su un totale di 430. Il 34,5%.

Il governo ha deciso di introdurre la norma nonostante la Commissione Amato avesse affermato: “Sembra assai dubbio ripetere il taglio del finanziamento già effettuato nel 2010, se non altro perché non si vede come esso possa andare legittimamente a beneficio del bilancio dello Stato”. InTerris.it ha incontrato il presidente di Ital Uil, Gilberto De Santis, al V Congresso della Uim, l’Unione Italiani nel Mondo, che ha spiegato in cosa consiste l’attività dei patronati e quale potrebbe essere lo scenario che si prospetta se il taglio venisse confermato.

“Se la legge fosse approvata lo scenario più tetro sarà quello in cui si troverà il cittadino, non avrebbe più la tutela sia dal punto di vista della qualità che per le presenze sul territorio. Un taglio del 35% non ridurrebbe il numero dei patronati ma li farebbe proprio chiudere.  Crediamo che sia più ragionevole eliminare questa norma dalla legge di Stabilità anche per un altro motivo importante: non c’è un risparmio per lo Stato perché il Fondo si alimenta con i contributi previdenziali dei lavoratori e dei datori di lavoro che versano una somma irrisoria, lo 0,226. Ma soprattutto perché se dovessero diminuire i patronati dai conti che ha fatto l’Inps lo Stato dovrebbe spendere più di 690 milioni”.

Infatti secondo i calcoli riportati dall’Inas Cisl gli oneri aggiuntivi che Inps, Inail e Ministero degli Interni dovrebbero sostenere per sopperire alla mancanza del sistema dei patronati in Italia, ammonterebbero a un aumento degli organici di 6.083 unità. Ai conti del primo anno di attività si devono aggiungere ulteriori esborsi per altri 36,8 milioni di euro per attrezzare adeguatamente i nuovi uffici e per formare il personale aggiuntivo. E questi calcoli non considerano l’attività svolta dai patronati a favore dei cittadini italiani residenti all’estero. Per erogare direttamente questi servizi, forniti oggi da una rete di oltre 400 uffici sparsi nel mondo, l’Inps dovrebbe sostenere i costi richiesti dall’invio di personale fuori dal Paese. Inoltre, bisogna considerare che, con il drastico ridimensionamento dei Consolati in corso, i patronati costituiscono, spesso, l’unico punto di contatto con lo Stato italiano per i connazionali oltre confine.


“Questo non è un attacco al sindacato – sottolinea De Santis – ma alle persone che non avranno più luoghi in cui andare a far valere i loro diritti, oltre ai problemi che emergerebbero per l’Inps”.  Nino Sorgi, presidente di Inas Cisl, ha aggiunto: “La norma metterebbe in ginocchio i patronati. I cittadini saranno così obbligati a pagare un commercialista o un consulente del lavoro”. Più che un taglio alla spesa pubblica, si tratta qui di un taglio ai servizi.

“Tra le motivazioni più ricorrenti per i tagli al fondo patronati – ha detto ancora Sorgi – c’è l’idea che questi soggetti siano una sorta di business sindacale. Questa visione è falsa e strumentale. Innanzitutto è bene ricordare che i patronati sindacali sono soltanto 3 sui 30 che compongono il sistema. Tutti questi soggetti sono tenuti, per legge, ad essere promossi da una associazione da cui, però, devono essere totalmente autonomi. Tale autonomia è facilmente dimostrata dai nostri bilanci certificati, che sono pubblici e che siamo tenuti a presentare ogni anno al Ministero del Lavoro. Quest’ultimo, dunque, ha tutti gli strumenti normativi e operativi per effettuare verifiche e comminare sanzioni ai patronati che non rispettano le regole in materia di completa indipendenza economica ed organizzativa rispetto alle strutture promotrici”.

Intanto è partita una raccolta firme sul sito titueliamo.it che ha superato ormai oltre 400mila adesioni. E anche internamente al Pd le acque non sono calme. Centoquaranta deputati hanno firmato un emendamento per abrogare il comma 10 dell’articolo 26 del disegno di legge di stabilità e reintegrare quindi i fondi. Mentre il 15 novembre scorso ha avuto luogo una mobilitazione nazionale dei dipendenti dei patronati di Cgil, Cisl, Uil e Acli.

“I posti di lavoro a rischio – specifica ancora De Santis – sono più di ottomila, sarebbe una crisi enorme, più di quella che ha coinvolto la Fiat”. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi dalla poltrona di Porta a Porta ha rassicurato gli animi, lasciando intendere che farà il possibile per trovare i soldi. Anche se bisognerà vedere dove e in che misura. Certo è che si annuncia una nuova “guerra tra poveri”, i cittadini e i dipendenti dei Patronati. Senza dimenticare che l’art. 38 della Costituzione include la tutela del patronato tra i diritti costituzionali del lavoratore e definisce questi istituti come soggetti “di pubblica utilità”.

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