ISIS, I 6 MOTIVI
PER CONQUISTARE ROMA

E’ diventato l’incubo degli italiani e in particolare dei romani: ritrovarci questi folli estremisti occupare il simbolo della Cristianità e del nostro Paese. Il brusco risveglio dai chiacchiericci politici di casa nostra è arrivato dalla voce profonda e ostile che pronunciava la parola Roma seguita da una serie di minacce. Il video dell’Isis diffuso sul web e immediatamente divenuto virale, è realizzato con la solita ottima regia: pieno di simbolismi enfatizzati da una fotografia da premio Oscar. Così l’Italia ha scoperto di essere in pericolo. I politici ciarlieri preferiscono puntare il dito sui migranti e sugli avversari ma la realtà è un’altra. Il Califfato ha bene in mente i suoi obiettivi e i suoi nemici. E non da ieri.

1) La Cattedra di Pietro fa di Roma e dell’Italia il simbolo antico di quella cristianità che nel nome di Dio portò la guerra contro gli arabi musulmani in Terra santa intorno all’anno Mille. E per i nostalgici dell’Islam estremo sembra una ferita aperta nonostante quella delle crociate fu un’avventura che vide i principi arabi vincitori. L’sis, nel tentativo di prendere il sopravvento nel mondo musulmano sunnita, rispolvera la guerra di religione e usa il termine “crociata” con l’unico scopo di far breccia sulle menti di tanti giovani, poco istruiti ma pieni di risentimento contro i propri governanti in primis e contro un generalizzato Occidente. rOMALa conquista di Roma torna così nell’ideologia fondamentalista come molti secoli fa, durante l’espansione dell’Islam, Costantinopoli era l’obiettivo privilegiato dei conquistatori eredi di Maometto. Non in quanto Bisanzio sede degli imperatori cristiani, ma proprio perché capitale dell’impero bizantino. Oggi le parole di minaccia: “Stiamo arrivando a Roma” contrastano con i documenti dell’Isis che, tra i tanti, disegnano mappe del mondo dove la bandiera nera, oltre al Medio Oriente e il Nord Africa, copre i Balcani e la Spagna, l’antica Andalus, ma non l’Italia. La forza della propaganda è tutta qui: mettere Roma e San Pietro nel mirino provoca sconcerto e timore nel nemico e nello stesso tempo elegge un obiettivo di alto valore simbolico da spendere con i suoi fedelissimi ed è un ottimo spot per il reclutamento di quanti vedono così nell’Isis un progetto statuale concreto al contrario dell’utopia di Al Qaeda. Una posizione quella dell’Isis che è soprattutto ideologica e, furbescamente, non entra nei meriti religiosi. Infatti secondo il Corano cristiani e musulmani sono entrambi discendenti di Abramo e figli della Dhimma; come minoranza i cristiani vanno protetti e non eliminati. Non solo, Gesù è considerato un piccolo profeta e Maria è venerata in quanto madre-vergine che l’ha generato. In Afghanistan un superbo minareto a Jam, tra i più alti del mondo, 65 metri, è istoriato con versi del Corano che rendono omaggio a Maria. Tutto ciò non esclude però un attacco in grado di scatenare un riverbero mediatico utile proprio alla propaganda.

2) L’Italia, poi, è nel mirino perché dal 2001 fa parte di quella coalizione che ha “invaso” l’Afghanistan contribuendo alla distruzione dell’Emirato islamico dei talebani che per sei anni era stato un esempio di nazione costruita sui principi della Sharia. Paese per il quale avevano combattuto in tanti e nel quale viveva Osama bin Laden, leader di Al Qaeda, espressione alta della globalizzazione della jihad e del revanscismo islamista. Non bastasse questo, gli italiani sono andati in Iraq nel 2003 a sostegno della guerra di Bush e degli Stati Uniti. Secondo gli islamisti dell’Isis quella guerra non fu contro Saddam ma contro la Sunna, cioè la comunità sunnita per favorire il potere degli sciiti e dei cristiani in quel Paese e impadronirsi delle risorse petrolifere. Sotto la bandiera nera sono molti i generali di Saddam Hussein sfuggiti alla cattura.

3) Altro casus belli, più nello specifico legato all’attuale conflitto in Siria e Iraq, è l’appoggio italiano dato ai peshmerga curdi con armi e istruttori al fianco di quell’”alleanza di volenterosi” considerata dai jihadhsti un gruppo di infedeli alleatesi con i traditori apostati che governano i Paesi arabi. Quei Paesi che il Califfato vuole conquistare per impadronirsi di tutto il Medio Oriente e il Nord Africa.

4) Non si può escludere che il diffondersi anche nel nostro Paese di ideologie razziste e xenofobe urlate in ogni dove, dai media ufficiali ai social network, siano altrettanta benzina sul fuoco. La comunicazione globale è utilizzata per scatenare la controffensiva mediatica del Califfato che prende pretesto da certe dichiarazioni per considerarle vere e proprie dichiarazioni di guerra. E usa questo grimaldello per fare breccia sulle paure degli stranieri che vivono in Italia trasformandoli in possibili “soldati”.

5) L’Italia viene ricordata ancora come una potenza coloniale. Questo soprattutto da parte di quei gruppi che in Libia hanno scelto di abbracciare la bandiera dell’Isis. I rapporti e le alleanze con i governi dei dittatori arabi, prima e dopo le “primavere” sono considerati altrettanti motivi per dichiararci guerra. L’adesione all’Isis organidi alcune milizie libiche aumenta il pericolo quindi il pericolo. Non certo per il rischio di invasione armata anche se vantata da questi jihadisti nei loro proclami. Il rischio deriva innanzitutto dal fatto che la Libia è uno dei maggiori fornitori di idrocarburi dell’Italia, il blocco dei “tubi” che portano energia ci metterebbe in ginocchio. L’occupazione della Libia da parte di milizie ispirate all’Isis porrebbe fine ai rapporti industriali: l’Italia ha aperto cantieri per quattro miliardi di dollari che sono fermi a causa della guerra civile. Se vince la bandiera nera possiamo dire addio a quelle commesse. Il controllo delle coste della Libia da parte degli uomini del Califfo darebbe a questi un’ulteriore arma: l’esodo dei migranti verso le coste siciliane provocando il collasso del sistema di accoglienza dell’Italia con gravi conseguenze anche sotto il profilo sociale ed economico.

6) Il fatto che i migranti riescano ad arrivare in massa sulle nostre coste presenta uno scenario inquietante: se barconi di disperati riescono a trovare la via del nostro Paese, risulta una preoccupazione pensare che imbarcazioni organizzate possano trasportare terroristi coprendo le poche centinaia di miglia marine che separano il belpaese dall’Africa.

Ma attenzione, l’Isis sfrutta abilmente la propaganda e i social network per colpirci dietro le linee sul nostro stesso terreno. Entra nelle nostre case e incute timore senza sprecare pallottole. La paura e le ansie sono di per se stesse altrettante vittorie per il Califfato. Dal punto di vista militare, una qualsiasi nazione europea potrebbe spazzare via i miliziani in sette giorni. E allora il Califfato usa la sua arma migliore: il terrore. Un solo jihadista può colpire la nostra società libera e indifesa allo stesso tempo. Senza fare una strage basta che un “uomo in nero” colpisca a caso una delle nostre città e si scatenerebbe il panico.

romaSpunta anche un’immagine della bandiera nera dell’Isis sul Colosseo nell’ultima provocazione propagandistica dello Stato islamico. Su Twitter un account affiliato allo Stato islamico libico ha pubblicato la foto di un jihadista armato, davanti al mare, che guarda il Colosseo sullo sfondo. Una scritta recita l’Isis “dalla Libia sta arrivando a Roma”.

La forza della morale e della cultura sta nella fermezza e nel non cadere negli stereotipi che l’Isis, e anche qualche xenofobo di casa nostra, vuole diffondere per scatenare un conflitto di civiltà. Al primo posto della nostra strategia deve stare proprio il superamento dell’ignoranza, senza dimenticare l’importanza di politiche della sicurezza basate, non sull’isteria e la demagogia, ma sull’intelligence e il controllo del territorio, anche oltre confine, per prevenire e arginare i tagliagole che hanno tradito anche Allah.