L’impatto delle attività umane nelle aree costiere sulla fauna dell’Adriatico

I risultati di uno studio di un team internazionale di esperti guidato dal professore del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell'Università di Bologna Daniele Scarponi

La fauna del mare Adriatico si è dimostrata resiliente ai cambiamenti climatici degli ultimi 130mila anni, ma l’impatto dell’attività umana – tra inquinamento, pesca intensiva e introduzione di specie aliene – sulle aree costiere potrebbe andare oltre i limiti di adattabilità degli ecosistemi. E’ quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Global Change Biology da un team internazionale di esperti guidato da Daniele Scarponi, professore al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna.

Gli altri istituti

Allo studio hanno partecipato, inoltre, ricercatori dell’Università di Vienna, dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Ismar-Cnr) e dell’Università della Florida.

Lo studio

Lo studio ha preso in esame oltre 70mila fossili di molluschi (bivalvi, gasteropodi e scapofodi) che popolavano zone di bassa profondità dell’Adriatico influenzate dalla presenza di sistemi fluviali, risalenti a tre diversi intervalli temporali. Il nucleo più antico appartiene al “precedente interglaciale”, circa 120mila anni fa, periodo in cui le condizioni climatiche del Mediterraneo erano più calde delle attuali e potrebbero quindi rappresentare possibili scenari futuri legati al cambiamento climatico. Il secondo gruppo risale invece all’ultimo periodo glaciale, circa 20mila anni fa, quando le temperature medie erano circa sei gradi più basse di quelle attuali. Infine, la terza serie di campioni fossili risale a circa 5mila anni fa: un periodo con temperature simili a quelle attuali, ma precedente a un impatto significativo dell’azione dell’uomo sugli ambienti costieri studiati.

I risultati

Dal confronto tra questi tre gruppi di associazioni fossili è emerso come la fauna della fascia costiera adriatica sia resiliente: nel corso del tempo ha saputo ristrutturare la propria composizione in modo da adattarsi alle perturbazioni climatiche e ricomporsi nuovamente quando le condizioni ambientali sono tornate simili a quelle precedenti. I dati raccolti suggeriscono che la resilienza mostrata in passato potrebbe permettere alla fauna marina dell’Adriatico di adattarsi in futuro a un aumento ridotto delle temperature medie. A patto però che insieme alle azioni per contenere l’innalzamento delle temperature ci siano anche accorgimenti per limitare l’impatto delle attività umane sulle aree costiere. “Le modifiche strutturali dell’ambiente costiero ad opera dell’uomo, le attività di pesca intensiva e di acquacoltura, così come l’inquinamento delle acque stanno modificando la composizione degli ecosistemi nell’Adriatico“, afferma Scarponi. “L’impatto di queste azioni sulla varietà e sull’abbondanza delle specie marine è già oggi molto più forte di quello generato dalle naturali variazioni climatiche avvenute negli ultimi 130mila anni”.