Giudici a gamba tesa su adozioni e famiglia

Da una parte due genitori cui viene espropriato il diritto di crescere la propria figlia, dall’altra un nuovo caso di riconoscimento della stepchild adoption a favore di una coppia omosessuale. Nel mezzo il concetto di “interesse del minore“, su cui il legislatore difetta di chiarezza, finendo con l’essere soppiantato dal giudice di turno.

Genitori-nonni

Andiamo con ordine. La corte d’Appello di Torino ha confermato l’adottabilità della bambina allontanata dalla coppia di “genitori-nonni” (75 anni lui, 63 lei) di Casale Monferrato (Al). Una vicenda dolorosa, iniziata 5 anni fa, quando la piccola – nata nel 2010 grazie alla fecondazione eterologa – era stata tolta a Luigi Deambrosis e Gabriella Carsano. I due erano già finiti nel mirino dei servizi sociali, in seguito alla segnalazione dell’ospedale in cui era nata, dopo che, durante un trasloco, era rimasta per alcuni minuti in auto da sola, a un mese e mezzo di vita, nel cortile di casa. Dei vicini se ne erano accorti e avevano segnalato l’episodio. La coppia si è sempre difesa, spiegando: “Andavamo e venivamo tra l’auto e l’appartamento, la tenevamo costantemente d’occhio: è stata nel seggiolino 7 minuti, il tempo di scaldarle il latte”. Al di là della singola vicenda, tuttavia, i periti si erano interrogati sull’effettiva “capacità genitoriale” della coppia: una capacità di accudire la piccola, nata dopo un lungo calvario di fecondazioni assistite e ricoveri all’estero.

Speranze e dolori

La vicenda giudiziaria è stata un saliscendi di speranze e delusioni per i due genitori. Prima l’allontanamento e la dichiarazione di adottabilità della bimba, stabiliti dal Tribunale dei Minori e confermati dalla Corte d’Appello di Torino che giudicavano la coppia “troppo anziana e sbadata” per prendersi cura della piccola. Nel 2013 la Cassazione dava ragione al giudice di seconda istanza sull’adottabilità della minore. Tre anni dopo, tuttavia, dagli “ermellini” di piazza Cavour arrivava la revocazione della sentenza d’appello. Secondo la Suprema Corte la legge non prevede limiti di età per “chi intende generare un figlio“. I due, insomma, venivano giudicati idonei a prendersene cura, anche perché, nel frattempo, era arrivata l’assoluzione nel procedimento per abbandono di minore. Il nuovo giudizio d’appello, conclusosi oggi, ha però vanificato l’intervento della Cassazione, ribadendo quanto sostenuto in precedenza: la bambina, che ormai ha 7 anni, deve rimanere con la famiglia adottiva. Per Luigi e Graziella le residue speranze di riabbracciare la figlia sono legate al nuovo giudizio di Cassazione, già annunciato dal difensore della coppia.

Nuovo sì alla stepchild

Ironia della sorte: la sentenza d’appello arriva nel giorno in cui il Tribunale di Roma ha riconosciuto la stepchild adoption a favore di due donne che hanno avuto una figlia ricorrendo alla fecondazione eterologa. Una decisione che la giornalista Rory Cappelli, “madre” non biologica della piccola, ha definito “storica”. “Vivevo nel terrore, senza esagerazioni, che mi potesse accadere qualcosa o che potesse accadere qualcosa a nostra figlia – ha raccontato. Vivevo nel terrore di non essere in grado di fare nulla: adesso con questa sentenza per quanto non si tratti di un’adozione piena, per quanto si sia dovuto ricorrere ad avvocati e tribunali per veder riconosciuto un diritto fondamentale, adesso, dopo quasi quattro anni, posso finalmente respirare”. La sentenza è destinata a fare giurisprudenza, visto che il procuratore generale ha rinunciato a ricorrere in Cassazione. “Si tratta di una sentenza importante – ha commentato l’avvocato Titti Carrano, che ha seguito il caso con le colleghe Silvia Menichetti e Cecilia Adorni Braccesi -perché apre la strada a tante coppie omosessuali. Con questa decisione è stato riconosciuto il rapporto consolidato tra il minore e la madre adottiva”. Peccato che la decisione arrivi nello stesso giorno in cui, invece, a due genitori naturali viene negato il diritto a crescere la propria bambina.