GIORNALISTI IMBAVAGLIATI

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“I giornali devono essere scomodi”, cioè dire la verità anche quando può essere pericoloso, per la propria vita o la carriera. E’ stata l’ultima lezione di Ferruccio De Bortoli da direttore del Corriere della Sera. Parole che, tuttavia, raccontano una missione, un fine, troppo spesso in contrasto con la realtà. Perché nonostante i ripetuti appelli dell’Onu, la campagna di sensibilizzazione di Reporter senza Frontiere, le sentenze della Corte di Strasburgo, la libertà di stampa nel mondo va sempre peggio. L’ultimo rapporto di Freedom house, pubblicato giusto un paio di giorni fa, ne da ampia dimostrazione. Secondo l’ong, a livello internazionale, i giornalisti si trovano ad affrontare sempre più pressioni e restrizioni da parte di governi, attivisti, criminalità ed editori con interessi di natura politica ed economica. Spesso pagano con la vita il proprio impegno, basti pensare che l’anno scorso in 118 sono stati uccisi.

La coordinatrice dello studio, Jennifer Dunham, spiega che nel 2014 “i governi hanno sfruttato le leggi per la sicurezza e per la lotta al terrorismo come pretesto per mettere a tacere tutte le voci critiche, mentre i gruppi di pressione e le gang criminali impiegano tattiche sempre più meschine per intimidazioni ai danni di giornalisti e i proprietari dei media tentano di manipolare il contenuto delle informazioni per i loro fini politici o economici”. Sui 199 paesi passati in rassegna, 63 sono ritenuti “liberi” sul piano dell’informazione mentre 71 vengono descritti come “parzialmente liberi” e 65 “non liberi”. Questo equivale a dire che soltanto il 14 per cento degli abitanti del mondo vive in un contesto di libertà di stampa, il 42 per cento con una stampa parzialmente libera e il 44 per cento con una stampa non libera. In America, che secondo il rapporto rientra nei Paesi con maggiore libertà, la situazione è peggiorata l’anno scorso a causa degli arresti e dei maltrattamenti inflitti ai reporter dalle forze dell’ordine durante la manifestazione a Ferguson, in Missouri, per protestare contro l’omicidio del giovane afroamericano Micheal Brown.

L’Italia rientra invece tra gli Stati a libertà limitata; nel contesto europeo condividiamo questa condizione insieme alla Grecia. Questo è dovuto all’asfissiante intromissione di politica e finanza nelle redazioni, alle minacce da parte della criminalità organizzata e al conflitto di interesse che caratterizza alcuni gruppi editoriali. Non è un caso, allora, che l’ultima classifica di Rsf ci abbia visti precipitare di 24 posizioni, addirittura sotto Nicaragua e Moldavia. Secondo il report, nel nostro Paese, nel 2014 la situazione dei giornalisti è peggiorata drammaticamente, “con una grande ondata di attacchi alle loro proprietà , in particolare le automobili. In tutto ci sono stati 43 casi di aggressione fisica e 7 casi di attacchi incendiari a case e auto nel corso dei primi 10 mesi del 2014″. Rsf spiega che sono aumentate anche le cause ingiustificate contro i giornalisti per diffamazione: dalle 84 nel 2013 alle 129 nei primi 10 mesi del 2014. Nella maggior parte dei casi le cause sono state fatte da politici”.