Derry in marcia per la memoria: cinquant’anni fa il Bloody Sunday

La città nordirlandese ripercorre il tragitto dei manifestanti massacrati nel 1972. Johnson: "Una delle pagine più buie della nostra storia"

Bloody Sunday Derry

Al di qua del confine aperto, il nome resta Derry. Il prefisso “London” che si legge sui segnali stradali dell’Eire è stato anch’esso motivo di disputa. Il 30 gennaio del 1972, però, nessuno fece più caso a nulla, nemmeno al nome. Una domenica, esattamente come oggi. E, proprio come oggi, i civili di Derry si misero in marcia, in un corteo indipendentista destinato a bagnare di sangue l’asfalto della città nordirlandese. Una Bloody Sunday, una domenica di sangue. Una delle tappe più drammatiche del percorso che avvicinerà l’Irlanda del Nord al fatidico accordo del Venerdì Santo, siglato ben ventisei anni dopo. Quel giorno il pacifico corteo dei civili finì in un massacro: i paracadutisti dell’Esercito britannico aprirono il fuoco su una folla disarmata, uccidendo 14 persone. E proprio i familiari delle vittime, cinque decenni dopo, si ritroveranno a percorrere quelle stesse strade.

La strage del Bloody Sunday

Una marcia della memoria per la città di Derry, per ricordare i fatti di una giornata che lo stesso premier britannico, Boris Johnson, ha definito “uno dei giorni più bui della nostra storia”, parte di un passato dal quale imparare per “riconciliare e costruire un futuro prospero e condiviso”. I cartelli con i nomi delle quattordici vittime torneranno a campeggiare per le vie di Derry, ricordando anche coloro che riuscirono a sopravvivere. Ventisei persone in tutto furono colpite dal distaccamento di soldati che, ufficialmente, aveva il compito di disperdere i manifestanti, aprendo invece il fuoco su una folla che, perlopiù, fu colpita alle spalle durante la fuga. Tallonati peraltro con colpi di manganello. Soldati che, in seguito, riferiranno di aver udito colpi d’armi da fuoco provenire dai manifestanti, ricevendo però una smentita dai testimoni presenti al corteo. Lo stesso battaglione, peraltro, fu triste protagonista dei fatti di Ballymurphy, a Belfast, solo pochi mesi prima.

Le due inchieste

Rilevanti furono anche gli effetti, diretti e indiretti, che il Bloody Sunday avrebbe avuto sulla causa indipendentista, anche per la giovanissima età dei manifestanti uccisi. Fu un’escalation. La tensione fra la corrente unionista e gli indipendentisti crebbe ulteriormente, così come l’influenza dei paramilitari separatisti del Provisional IRA che, negli anni seguenti, intensificò la propria azione supportato da altri gruppi armati. L’inchiesta sui fatti del 30 gennaio, tuttavia, richiederà diversi anni. Una prima tranche fu aperta subito dopo la strage, col premier britannico che affidò al giudice John Widgery il compito di far luce sul massacro. Si concluderà con il proscioglimento dei soldati. Bisognerà attendere il 1998, con Tony Blair a Downing Street, per la nuova inchiesta guidata da Lord Saville of Newdigate. Altri dodici anni di indagini, per concludere che le persone uccise durante il Bloody Sunday erano tutte disarmate tranne una, probabilmente in possesso di bombe carta. Nessuna delle quali, però, fu lanciata contro i soldati.