CROLLATE LE TORRI, SI ALZANO I MURI

Il fallimento dell’intelligence. L’inizio di un’era di conflitti asimmetrici e di paure. Questo è stato l’11 settembre 2001. Il “Martedì santo”, come definì quell’operazione Osama Bin Laden, rappresenta la chiave di volta del terzo millennio. Da quel giorno le certezze, nel bene e nel male, non furono più tali, e il mondo si scoprì fragile. Il fallimento della sicumera dei Paesi dominanti che sottovalutarono indizi, rapporti e persino indagini che davano per certo un attentato di vaste proporzioni contro gli Stati Uniti e compiuto dal cielo. Non facciamo parte della schiera dei complottisti. L’attacco all’America è stato progettato e messo in opera da Al Qaeda, ma gli Stati Uniti sottovalutarono quella minaccia favorendo il successo dell’operazione. Nel 2000 la Cia seguiva e filmava quattro dei futuri kamikaze sauditi.

L’Italia aveva fornito un’intercettazione ambientale nella quale due sospetti affiliati ad Al Qaeda parlavano di trasformare il “cielo di New York in una palla di fuoco”. I servizi segreti israeliani erano da tempo sulle tracce di possibili attentatori vicini all’estremismo islamico. Ad appesantire l’elenco delle inadempienze si aggiungono i rapporti dell’Fbi, che metteva in guardia su alcuni sospetti qaedisti che si addestravano al volo nelle scuole dell’Arizona. Non solo, uno di questi, il franco algerino Moussaoui, fu persino arrestato nell’agosto 2001.

Durante il G8 di Genova, nel luglio 2001, furono diverse le segnalazioni dei rischi di un attacco dal cielo, tanto che il capoluogo ligure fu protetto da sistemi missilistici e da caccia intercettori. In quell’occasione Putin parlò al presidente Bush del rischio di un dirottamento di aerei americani. Rimase tutto lettera morta. Le diverse agenzie federali Usa che si occupano di sicurezza non si scambiarono le informazioni in loro possesso. Nessuna di loro sollecitò la messa in stato di allarme. Il famoso “blu-note” dell’agosto 2001 che arrivò sulla scrivania del presidente Bush finì trascurato tra decine di altre segnalazioni.

E fu “nine-eleven”. Le Twin Towers esplosero, 2.700 persone persero la vita. Gli Stati uniti e il mondo assistettero in diretta alla più clamorosa azione terroristica della storia. Ne rimase sorpreso anche il suo ispiratore Osama Bin Laden. Eppure quello fu un piano studiato per almeno tre anni da Khalid Sheikh Mohammed, uno degli operativi di Al Qaeda e l’ideatore dell’azione terroristica. Il progetto ricalcava tra l’altro il precedente “Bojnka-plan”, che prevedeva il dirottamento di dieci aerei americani da far esplodere in volo. I dettagli di Bojnka erano nelle mani della sicurezza Usa dal 1996, quando fu arrestato Imad Murad a Manila e ne fu sequestrato il computer contenente i file dell’operazione. Murad fu catturato nell’ambito delle indagini sul tentativo di attentato a Giovanni Paolo II durante la visita del papa nelle Filippine. Non solo, undici dei diciannove dirottatori erano sauditi e i loro visti erano stati tutti rilasciati dall’ambasciata Usa nella capitale dell’Arabia Saudita. A beneficiare della “visa” anche i quattro terroristi seguiti dalla Cia dal 2000 e filmati a Kuala Lumpur.

L’attentato ha scatenato una reazione a catena che ancora oggi è in movimento. Le conseguenze drammatiche dell’11 settembre non sono finite. Gli Stati Uniti hanno attaccato l’Afghanistan ma Bin Laden e i suoi fedelissimi sono fuggiti. Lo sceicco di Al Qaeda è stato preso e ucciso dopo dieci anni; altri, come il suo vice e nuovo leader di Al Qaeda Ayman al Zawahiri, sono ancora uccel di bosco. In Afghanistan i talebani non sono al potere ma controllano il 75% del Paese e il nuovo governo ha dovuto intavolare un negoziato con essi. La guerriglia è attiva e le forze di sicurezza lealiste non riescono a mantenere il controllo sul territorio. Al Qaeda non è stata sconfitta e ora il figlio di Osama, Hamza Bin Laden, rivendica la leadership sul movimento jihadista mondiale attaccando l’Isis e il suo capo accusati di apostasia e tradimento.

L’11 settembre e l’attacco all’Afghanistan hanno spinto la presidenza Bush a dichiarare guerra anche all’Iraq e ad eliminare Saddam Hussein nel 2003. Gli Usa hanno rotto gli equilibri del Medio Oriente senza aver piani concreti per ristabilirli una volta terminata la guerra. Nessuna leadership nuova ma solo politici zombie che hanno portato Baghdad nel caos. Gli Usa, come del resto avvenne con il Vietnam, hanno combattuto una guerra senza aver chiare le strategie della governance una volta ottenuta la vittoria. In Iraq l’America ha coinvolto anche gli alleati e il risultato è stato che la guerriglia qaedista contro l’invasore straniero si è trasformata in una guerra civile che ha finito per provocare la nascita del Califfato.

L’11 settembre è stato l’inizio di quella Guerra Mondiale che Papa Francesco ha avuto per primo il coraggio di segnalare. Un conflitto asimmetrico, dove ferocia e distruzione attraversano i Paesi del Medio Oriente. I terroristi jihadisti si sono trasformati evolvendosi in milizie che conquistano territori e proclamano Stati, non tralasciando di colpire il nemico infedele nelle proprie case. Al Qaeda, come ha annunciato in un audio di pochi giorni fa il suo capo Ayman al Zawahri, punta il dito contro l’Isis e il califfo Al Baghdadi e richiama a combatterlo i gruppi a lui fedelissimi: Al Qaeda nel Maghreb islamico, Ansar al Sharia nello Yemen e in Libia, Al Nusra in Siria, Al Qaeda nel subcontinente indiano, e i gruppi di Pakistan e Afghanistan. Intanto l’Isis fa proseliti con la sua propaganda fatta di terrore e sangue, ottenendo più seguito dei sermoni ieratici tratteggiati dalle poesie dell’ormai fu Osama Bin Laden.

A 14 anni da quel martedì tragico il mondo è cambiato. Rotti gli equilibri in Medio Oriente e Africa senza averne stabilito di nuovi. Popoli in fuga, milioni di migranti in movimento. In Occidente la paura del terrorismo sempre più diffusa. Si alzano muri, leader nazionalisti e populisti alimentano la xenofobia e lo scontro tra civiltà. Benvenuti nel Terzo millennio, un nuovo secolo buio, illuminato dall’incendio delle Twin Towers a New York un martedì di settembre che qualcuno – come detto – battezzò “santo”.