Covid-19, torna la paura a Pechino. E il salmone finisce sotto accusa

La capitale cinese torna in allerta dopo la nuova crescita della curva epidemiologica. E si focalizza l'attenzione, fra lo scetticismo della scienza, sul pesce proveniente dalla Norvegia

Torna la paura a Pechino, dove la pandemia ha iniziato nuovamente a spaventare cittadini e istituzioni. Sono 31, infatti, i casi di Covid-19 riscontrati nella giornata di martedì, addirittura 356 mila dal 13 giugno. Proseguono i test, così come la messa in atto di precauzioni per impedire che il coronavirus torni a prendere piede come nei giorni peggiori, in un contesto in cui le autorità sanitarie spiegano di poter procedere a 400 mila test al giorno. La curva epidemiologica, a ogni modo, verrebbe data in crescita, come spiegato da Pang Xinghuo, vicedirettrice del Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie di Pechino, secondo la quale “l’attuale focolaio emerso dal mercato all’ingrosso di Xinfadi, nel distretto di sudovest di Fengtai, ha provocato a Pechino 137 casi certi di Covid-19 da giovedì scorso”.

Il caso salmone

Il timore è che i contagi continuino a crescere. E, secondo Pang, questo scenario non è per nulla da escludere, tanto che le autorità locali hanno già iniziato ad adottare i primi e più stringenti provvedimenti per impedire una nuova propagazione. A rimetterci, per il momento, sono stati soprattutto i voli, cancellati per il 70% (1.255 fra quelli in arrivo e in partenza) del totale. Un quadro che, in città, ha iniziato a produrre una certa agitazione, oltre che a creare i primi capri espiatori. A tenere banco, al momento, la polemica sul salmone norvegese, rimosso dai supermercati e dai ristoranti, specie se proveniente da Paesi esteri. Questo perché, nei giorni scorsi, un potenziale focolaio di Covid-19 sarebbe emerso in un mercato del pesce, quello di Xinfadi.

Pechino in allerta

Un’ipotesi, quella del pesce, che non trova il supporto scientifico ma che trova riscontri fra la popolazione cinese che, di fatto, ha bandito il salmone norvegese dalla propria lista di cibi. Gli scienziati ritengono impossibile che il pesce possa essere veicolo del virus, ma il semplice sospetto è bastato per bannarne le carni dai consumi quotidiani. In attesa di capirne di più, i pechinesi si sottopongono ai test, mettendosi in coda per i tamponi e preparandosi a possibili nuovi scenari di lockdown. Che ovviamente nessuno si augura.