Covid-19, Bergamo: le onoranze funebri verso la chiusura

Antonio Ricciardi, presidente della categoria onoranze funebri della Lia denuncia l'assenza di presidi di protezione per il personale. Elevato rischio di contagio

Ogni giorno che passa è sempre più difficile sostenere questa che è una vera e propria guerra al coronavirus. Il campo di battaglia non è solamente l’ospedale, la terapia intensiva ma anche i luoghi dove si viene a contatto con i defunti. Adesso, dalle onoranze funebri di Bergamo, uno dei principali focolai in Italia, arriva un ultimatum: o si munisce il personale di presidi di sicurezza o si chiude lunedi 31 marzo.

La protesta a Bergamo

Le onoranze funebri bergamasche verso la serrata. A sollevare dubbi, paure e perplessità è Antonio Ricciardi, presidente della categoria onoranze funebri della Lia (Liberi imprenditori associati), di Bergamo. “Per le imprese di onoranze funebri della provincia di Bergamo è arrivato il momento di fermarsi e tutelare la vita e la salute dei cittadini – ha detto il presidente – Nonostante gli appelli rimasti inascoltati dei giorni scorsi, l’assenza di un monitoraggio sanitario sugli operatori e la difficoltà nell’approvvigionamento di dispositivi di protezione, continuano ad esporre la collettività, soprattutto anziani, malati e disabili, ad un enorme rischio di contagio”. Ricciardi denuncia anche come ci sia sempre “Chi entra ed esce quotidianamente dalle strutture sanitarie e dalle abitazioni dei parenti dei defunti, diventa anche un veicolo perfetto per la diffusione del virus Covid-19 perciò -continua il presidente- Gli imprenditori della categoria seguiranno la propria coscienza, interrompendo le attività nel giorno di lunedì 30 marzo”.

I casi di Piacenza e Modena

Interris.it aveva già raccontato la gravosa situazione in cui si trovavano ad operare gli uomini delle onoranze funebri e dei forni. Le vittime del Covid-19 sono troppe, solo ieri più di 900. Da Piacenza come anche da Modena, sono arrivate le immagini di bare in attesa di essere cremate o trasportate. Tanto che si era deciso di inviare dei container refrigerati per far fronte alla crisi. Il gruppo Altair che gestisce gli impianti ha riportato: “Stiamo facendo i salti mortali perché l’impianto di Piacenza lavora 20 ore al giorno, il massimo consentito, sette giorni su sette”. La richiesta sarebbe quella di abbattere i vincoli legislativi e burocratici che impediscono di lavorare con un orario continuativo 24h su 24.