Coronavirus, dall’Europa all’Africa: l’Oms tiene alta la guardia

Segnali positivi in alcuni Paesi, ma l'Organizzazione mondiale della Sanità mostra uno scenario globale ancora preoccupante

Sudan

Il diktat è a senso unico in Italia: segnali positivi ma prudenza assoluta. Lo ha detto il premier Conte, lo hanno ribadito all’unisono il capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, e anche il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, invitando tutti a non fare passi falsi proprio ora. A confermare l’andamento in discesa in alcuni Paesi del contagio da coronavirus arriva ora anche l’Oms.

Niente vittoria, ha detto in videoconferenza il direttore regionale europeo Hans Henri P. Kluge, perché la situazione è ancora “molto preoccupante” nonostante i “segnali positivi registrati in alcuni Paesi”: 687.236 i casi registrati finora, 52.824 i decessi. Numeri troppo elevati per poter pensare di abbassare la guardia o rallentare le misure di contenimento.

Crescita in Africa

Del resto, l’Oms sottolinea come la crescita del contagio continui a essere registrata anche in altre aree del mondo. Africa in primis, dove si parla di “aumento esponenziale nelle ultime settimane”, con il superamento dei 10 mila casi confermati e dei 500 decessi complessivi. Nella giornata di ieri, una ricerca della London School of Hygiene and Tropical Medicine aveva evidenziato un preoccupante segnale di incremento nell’area occidentale del Continente.

Una delle più povere e già vessata dall’epidemia di ebola pochi anni fa. In particolare, i riflettori erano stati puntati su Burkina Faso e Senegal, posti rispettivamente sulla costa e al centro di una regione che, per ogni 10 mila abitanti, non conta più di cinque posti letto. Un allarme che l’Oms torna a confermare: “Il virus è stato lento nel raggiungere il continente rispetto ad altre parti del mondo” ma “l’infezione è cresciuta esponenzialmente nelle ultime settimane e continua a diffondersi”.

Il quadro

Nella ricerca della London School of Hygiene si parlava del minor traffico aereo internazionale come un provvisorio freno al diffondersi della pandemia. A contribuire in senso opposto, però, potrebbero essere stati i viaggiatori di ritorno. Al momento sono 52 i Paesi africani nei quali è registrato almeno un caso di Covid-19, una crescita esponenziale in nemmeno due mesi (il primo contagio era stato segnalato in Egitto, il 14 febbraio scorso) e praticamente in tutto il Continente (che conta in tutto 55 Paesi).

La preoccupazione principale riguarda, come anche per altre epidemie, la debolezza del sistema sanitario dei Paesi in questione: “Alcuni Paesi in Africa – ha spiegato il direttore generale Ghebreyesus, un etiope – non hanno adeguati rifornimenti per le unità di cura intensiva come letti, respiratori e personale addestrato. Critico che i Paesi facciano tutto quello che possono perché l’epidemia non si intensifichi ulteriormente e ciò significa una forte risposta di salute pubblica dai governi e ogni parte della società”. Uno scenario preoccupante e che, potenzialmente, potrebbe essere più devastante della passata epidemia di ebola.