Colombia: da gennaio uccisi 91 leader sociali ed ex guerriglieri

Guerriglieri appartenenti alle Farc

Il coronavirus non ferma lo spargimento di sangue in Colombia, Stato della regione nord-occidentale dell’America Meridionale. Nei primi tre mesi del 2020 sicari armati hanno ucciso – in vari dipartimenti della Colombia – 71 leader sociali ed indigeni e 20 ex guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) che stavano reinserendosi nella vita sociale dopo aver abbandonato le armi. Lo ha reso noto l’Istituto di studi per lo sviluppo e la pace (Indepaz).

Quarantena

Il maggior numero degli attacchi mortali contro gli attivisti sociali e delle differenti etnie è avvenuto in gennaio, quando sono state uccise 31 persone, mentre le vittime fatali in febbraio e marzo sono state rispettivamente 26 e 14. I 20 guerriglieri uccisi quest’anno, segnala la radio Rcn di Bogotà, fanno parte dei 190 che sono stati assassinati nonostante la loro decisione di abbandonare le armi dopo la firma degli Accordi di pace nel 2016. La Colombia è all’inizio del XXI secolo una potenza di media grandezza, con il PIL al terzo posto fra i paesi del Sudamerica, in cui è significativa la produzione di caffè e l’esportazione di fiori, carbone e petrolio. La maggioranza del bilancio dello Stato è assorbito dalle spese militari, che sostengono l’esercito più numeroso del continente in rapporto alla popolazione, il quale è impegnato nel conflitto armato contro le due guerriglie colombiane attualmente attive: le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) e l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN). Le uccisioni di militanti ed ex combattenti, ha precisato un portavoce dell’organismo, non si sono fermate neppure nelle ultime settimane, quando il governo di Bogotà ha disposto una quarantena a livello nazionale per contrastare la pandemia di coronavirus. il Paese ha un migliaio di contagiati e 19 morti per covid-19 accertati.