Cisgiordania, una vittima palestinese durante un’operazione dell’esercito israeliano

Un giovane uomo di 21 anni è rimasto ucciso nel corso di un'operazione dei militari vicino Nablus per arrestare un ricercato

Un 21enne palestinese è stato ucciso in violenti scontri armati con soldati israeliani durante un’operazione dell’esercito tenutasi per arrestare un ricercato a Deir al-Hatab, non distante da Nablus, in Cisgiordania. Lo ha fatto sapere il portavoce militare. L’agenzia palestinese Wafa ha identificato l’uomo in Alaa Nasser Ahmed Zaghal, morto – ha aggiunto – per le ferite di colpo d’arma da fuoco riportate alla testa. Secondo la stessa fonte, ci sono perlomeno cinque feriti. Il portavoce militare ha detto che l’esercito è consapevole che “due giornalisti che si trovavano nell’area sono stati feriti e che la causa del ferimento è ignota”. Secondo l’agenzia Wafa “l’esercito di occupazione ha preso di mira i giornalisti” e che questo ha causato le “ferite alle mani dei giornalisti della tv palestinese Mahmoud Fawzy e Louay Al-Samhan“.

Cos’è successo

L’esercito ha spiegato di aver condotto l’operazione durante Yom Kippur per arrestare “un terrorista sospettato di essere coinvolto in un attacco a fuoco contro un bus e un taxi israeliani domenica scorsa nei pressi di Nablus“. Si tratta – ha proseguito – di Salman Amran (35 anni) “un operativo dell’organizzazione terrorista di Hamas, già stato in carcere per aver fatto parte di una cellula di Hamas che progettava attacchi”. Secondo la versione del’esercito, Amran ha aperto il fuoco contro i soldati che avevano accerchiato la casa in cui si trovava e che questo ha innescato la reazione dei militari. L’esercito ha proseguito spiegando che in direzione dei soldati è stato quindi aperto il fuoco “da altre fonti” e che anche in questo caso i militari hanno risposto. “E’ stato colpito – ha detto – un certo numero di palestinesi armati e uno degli aggressori è stato ucciso nella sparatoria”. Amran si è poi arreso ai soldati consegnando loro il suo fucile M16. Riguardo ai due giornalisti feriti, l’esercito ha sottolineato che “la presenza di civili non coinvolti nelle aree di combattimento rappresenta una minaccia per la vita”.