Caso Manduca, la Cassazione decide sì al risarcimento

La vittima aveva denunciato il marito 12 volte prima di essere uccisa. Ora si riapre il processo

Marianna Manduca è stata uccisa dal marito dopo averlo denunciato 12 volte nel 2007. Oggi la Cassazione accoglie il ricorso dei figli che quindi non dovranno restituire i 259mila euro di risarcimento. 

La sentenza della Cassazione

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso dei figli di Marianna Manduca, la donna uccisa dall’ex marito a Palagonia (Catania) dopo dodici denunce rimaste inascoltate. Per la corte d’appello di Messina, non c’era stata alcuna “negligenza” da parte della procura di Caltagirone, perché il “delitto era inevitabile, l’uomo era comunque determinato ad ucciderla”. Ora, la Suprema Corte boccia questa tesi e ordina un nuovo processo, che si celebrerà alla corte d’appello di Catanzaro.

Le parole dell’avvocato

“E’ una sentenza storica – dice l’avvocato Alfredo Galasso, che ha seguito gli orfani e il loro tutore con la collega Licia D’Amico – una sentenza che finalmente fa giustizia e dice cos’è un femminicidio. Marianna venne abbandonata dalle istituzioni che dovevano invece proteggerla”.

La Corte di appello e il caso

La sentenza della corte d’appello di Messina aveva anche imposto agli orfani di restituire il risarcimento stabilito in primo grado. Oggi, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha depositato la sentenza. E il caso Manduca si riapre, si torna a discutere della drammatica vicenda di una donna che rimase sola, nonostante le ripetute denunce presentate ai carabinieri. La procura di Caltagirone rimase per lungo inattiva. “Negligenza inescusabile”, scrisse il tribunale di Messina. Tesi ribaltata in secondo grado, a sostenerla nelle scorse settimane era stata anche la procura generale della Cassazione, che aveva chiesto di confermare la sentenza d’appello di Messina. Ma la Suprema Corte ha deciso altrimenti, affermando la liceità del risarcimento concesso agli orfani della vittima.