Il card. Parolin: “In tutti i conflitti il disarmo è l’unica risposta risolutiva e adeguata”

L'intervista che il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin ha rilasciato alla rivista italiana di geopolitica Limes con il titolo "La Grande Guerra"

Parolin
Il card. Pietro Parolin

Nella guerra tra Russia e Ucraina, come in tutti i conflitti, “il disarmo è l’unica risposta adeguata e risolutiva a tali problematiche, come sostiene il magistero della Chiesa. Si rilegga, ad esempio, l’enciclica Pacem in terris di San Giovanni XXIII. Si tratta di un disarmo generale e sottoposto a controlli efficaci. In questo senso, non mi pare corretto chiedere all’aggredito di rinunciare alle armi e non chiederlo, prima ancora, a chi lo sta attaccando”. E’ quanto ha dichiarato il Segretario di Stato Pietro Parolin in un’intervista a Limes.

La Chiesa è per la pace

La Chiesa è per la pace: “Il Vangelo – sottolinea il cardinale Segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, nell’intervista a Limes – è annuncio di pace, promessa e dono di pace. Tutte le sue pagine ne sono piene”. “La Chiesa segue l’esempio del suo Signore: crede nella pace, lavora per la pace, lotta per la pace, testimonia la pace e cerca di costruirla. In questo senso è pacifista”. Parolin ricorda la posizione della Chiesa sulle armi: “Quanto al ricorso alle armi, il catechismo della Chiesa cattolica prevede la legittima difesa. I popoli hanno il diritto di difendersi, se attaccati. Ma questa legittima difesa armata va esercitata all’interno di alcune condizioni che lo stesso catechismo enumera: che tutti gli altri mezzi per porre fine all’aggressione si siano dimostrati impraticabili o inefficaci; che vi siano fondate ragioni di successo; che l’uso delle armi non provochi mali e disordini più gravi di quelli da eliminare. Il catechismo, infine, afferma che nella valutazione di questa problematica, gioca un ruolo importante la potenza dei moderni mezzi di distruzione. Per tali ragioni, papa Francesco, nell’enciclica Fratelli tutti afferma che non si può più pensare alla guerra come a una soluzione, perché i rischi – sottolinea il Segretario di Stato vaticano – saranno probabilmente sempre superiori all’ipotetica utilità che le viene attribuita. Conclude con lo stesso grido di san Paolo VI alle Nazioni Unite, il 4 ottobre 1965: ‘Mai più guerra!'”.

Il dialogo difficile con il Patriarcato di Mosca

Le divisioni tra la Chiesa ortodossa ucraina e il Patriarcato di Mosca, a seguito della guerra, sono profonde ma “non so se sia appropriato parlare di uno ‘scisma’. Di certo, la guerra in atto, che vede coinvolti popoli fratelli nella fede cristiana e che celebrano, in maggioranza, la stessa liturgia, rappresenta una ferita profonda e sanguinosa per il cristianesimo orientale e per tutti i cristiani. Anche in questo caso, è ancora presto per comprendere le conseguenze di quanto sta avvenendo, ma è certamente più sconvolgente e scandaloso che siano i cristiani, nel cuore dell’Europa, a essere protagonisti di tali tragiche vicende”. Quanto ai rapporti tra la Chiesa cattolica e il Patriarcato di Mosca, “si tratta di un dialogo difficile, che procede a piccoli passi e che conosce anche fasi altalenanti. Ha ricevuto un impulso significativo dallo storico incontro a Cuba, nel 2016, tra papa Francesco e il patriarca Kirill. Come è noto, si stava già lavorando a un secondo incontro, previsto nello scorso mese di giugno a Gerusalemme, ma che poi è stato sospeso. Non sarebbe stato capito e il peso della guerra in corso l’avrebbe troppo condizionato. Il dialogo, tuttavia, non si è interrotto”, dice Parolin. Il Papa e Kirill dovrebbero infatti incontrarsi a metà settembre in Kazakistan nell’ambito di un evento interreligioso.