BULLISMO
LUPI A CACCIA DI AGNELLI

Un adolescente sovrappeso riempito d’aria a forza con un compressore, una ragazza chiamata in disparte con l’inganno e poi picchiata da un branco di coetanee, un’altra, schernita e offesa sui social network, che decide di togliersi la vita per la vergogna e la solitudine. Storie, volti, vicende agghiaccianti che hanno nel bullismo il loro minimo comune denominatore. Un crimine infame e silenzioso, che si consuma nei corridoi delle scuole e nei luoghi di ritrovo abituale dei teenager, su internet e via mail, in un clima di omertà e paura di ritorsioni nel caso in cui la vittima “canti”. Fino all’esplosione del fenomeno in Italia, telefilm e cartoon d’oltreoceano ce ne avevano fornito un’immagine scanzonata: il compagno di classe grosso e stupido che si vendica sul secchione con gli occhiali e i denti sporgenti. E giù a ridere, quando da sghignazzare, invece, c’è ben poco. Perché qui non si parla di Nelson Muntz (il coatto rivale di Bart Simpson nella nota serie animata) o di Biff Tannen, arci nemico di George e Marty McFly in Ritorno al Futuro ma di un dramma reale, fatto di violenze e vessazioni quotidiane in grado di distruggere la personalità. Alla base ci sono sempre un soggetto debole e isolato e uno o più ragazzi dai modi brutali. La dinamiche sono diverse: aggressioni e umiliazioni fisiche, derisioni costanti, diffusione di racconti non veri che riguardano la persona da colpire, al fine di emarginarlo dal suo contesto sociale, rendendolo di conseguenza ancora più fragile.

Allarmanti i dati, secondo il Telefono Azzurro, nel biennio 2013-2014, a fronte di un totale di 3.333 consulenze su problematiche inerenti la salute e la tutela di bambini e adolescenti, i casi riscontrati sono stati 485, vale a dire il 14,6% del totale. I minori coinvolti sono principalmente di sesso femminile e di età compresa tra gli 11 e i 14 anni. Il 10,2% dei ragazzi interessati, fra l’altro, è di nazionalità straniera. Un’altra indagine, condotta insieme a Doxakids su oltre 1.500 studenti italiani fra gli 11 e i 19 anni, ha rivelato che il 34,7% degli intervistati ha ammesso di aver assistito o di esser stato oggetto di vessazioni.

Molti comportamenti sono espliciti e direttamente riconoscibili dagli adulti, che possono intervenire per impedirne la perpetuazione. Ma in altri casi gli aguzzini sono più subdoli e agiscono con condotte meno evidenti: un astuccio rovesciato, uno sguardo di traverso, il danneggiamento di beni personali, quello che viene definito bullismo “indiretto” e ne rappresenta la forma più diffusa. In tali situazioni chi controlla deve avere una perspicacia particolare per riconoscere la persecuzione e scinderla dai bisticci ordinari che possono verificarsi in un contesto giovanile. Il rischio più grande è quello di sottovalutare il problema, bollando le prevaricazioni come “normali”. Su questo gli psicologi sono molto chiari: nessuna delle prepotenze ricollegabili a tale realtà rientra nelle canoniche forme di convivenza fra minori e giustificare significa rendersi complici dei carnefici.

Non solo, sminuire vuol dire anche non accorgersi delle conseguenze, che riguardano tutti. La vittima ne porta i segni sul corpo e nella mente: mal di testa, nausea, depressione, ferite e lividi, ansia e riluttanza nell’andare a scuola. Il bullo, invece, potrà avere un calo nel rendimento didattico, difficoltà relazionali e disturbi della condotta, che possono tracimare in veri e propri contegni antisociali e alla commissione di atti violenti anche in famiglia. Infine gli osservatori, cioè coloro che assistono agli episodi, potranno avere difficoltà relazionali, mancanza di empatia e cinismo. Come si vede si tratta di un delitto in cui non c’è una vittima sola ma ad essere travolti sono gli stessi rapporti, umani e solidali, che dovrebbero caratterizzare la vita dei teenager.

Una forma particolarmente aggressiva, che sta prendendo piede negli ultimi anni, è quella del cyber bullismo. Si manifesta attraverso i mezzi di telecomunicazione classici (come il telefono) e le nuove piattaforme di comunicazione: social network, mail, chat, forum. La persecuzione in questo caso si manifesta con la violenza psicologica, si pubblicano aneddoti artificiosi o pettegolezzi inventati per mettere in cattiva luce la persona debole. Si postano foto e video imbarazzanti, in molti casi appositamente costruiti o esagerati. Ma si può facilmente arrivare alla minaccia di violenze, all’invio di messaggi di insulti e persino al furto o alla creazione di account clone per disintegrare la reputazione del minore.

Il bullismo è una piaga in espansione soprattutto negli istituti scolatici seguiti dai centri sportivi. In pochi hanno denunciato l’accaduto, poco più di 1 su 5 ha avvertito i genitori, il 31,3 % ha preferito lasciar perdere, il 29,9% ha cercato di difendersi, mentre il 22,7% non ne ha parlato con nessuno. L’effetto più grave, in quest’ultimo caso, è che la vittima si chiuda in se stessa e possa ricorrere a gesti estremi, come il suicidio. Un sacrificio sull’altare di un istinto bestiale e disumano: l’eterna affermazione della legge del più forte.