Angelus, il Papa: “Servire non è un’espressione di cortesia: è fare come Gesù”

L'Angelus di Papa Francesco ricorda il primato del servizio: "Più serviamo, più avvertiamo la presenza di Dio. Soprattutto in chi non ha da restituirci". Poi prega per il Messico e gli ingiustamente trattenuti

Papa Francesco Angelus
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“Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti“. La frase di Gesù, citata nel Vangelo di Marco, era rivolta ai discepoli che, lungo il cammino verso Gerusalemme, discutevano su chi fosse tra loro il più grande. Ed è proprio su questa stessa frase che si snoda la riflessione di Papa Francesco nell’Angelus domenicale. Perché questa esortazione, “vale anche per noi oggi: se tu vuoi essere il primo, devi andare in coda, essere l’ultimo, e servire tutti”. E attraverso queste parole, il Signore “inaugura un capovolgimento: rovescia i criteri che segnano che cosa conta davvero. Il valore di una persona non dipende più dal ruolo che ricopre, dal successo che ha, dal lavoro che svolge, dai soldi in banca”. La grandezza e la riuscita “si misurano sul servizio“.

Il Papa: “Più serviamo, più avvertiamo la presenza di Dio”

Oggi, ha spiegato Papa Francesco, la parola “servizio” appare logora, sbiadita. Eppure, nel Vangelo “ha un significato preciso e concreto. Servire non è un’espressione di cortesia: è fare come Gesù, il quale, riassumendo in poche parole la sua vita, ha detto di essere venuto ‘non per farsi servire, ma per servire'”. La nostra fedeltà al Signore, quindi, “dipende dalla nostra disponibilità a servire. E questo, lo sappiamo, costa, perché ‘sa di croce’. Ma, mentre crescono la cura e la disponibilità verso gli altri, diventiamo più liberi dentro, più simili a Gesù. Più serviamo, più avvertiamo la presenza di Dio. Soprattutto quando serviamo chi non ha da restituirci, i poveri, abbracciandone le difficoltà e i bisogni con la tenera compassione”.

Il primato del servizio

Dopo aver ribadito il primato del servizio, Gesù “prende un bambino e lo pone in mezzo ai discepoli, al centro, nel luogo più importante”. Un gesto che assume un forte valore simbolico. Il bambino, infatti, “non simboleggia tanto l’innocenza, quanto la piccolezza. Perché i piccoli, come i bambini, dipendono dagli altri, dai grandi, hanno bisogno di ricevere. Gesù abbraccia quel bambino e dice che chi accoglie un piccolo, un bambino, accoglie Lui”. Servire, quindi, assume un valore imprescindibile. Specie se il servizio è indirizzato a chi non ha da restituire. “Accogliendo chi è ai margini, trascurato, accogliamo Gesù, perché Egli sta lì. E in un piccolo, in un povero che serviamo riceviamo anche noi l’abbraccio tenero di Dio”.

Al termine dell’Angelus, il Papa ha rivolto una preghiera “alle vittime delle inondazioni avvenute nello Stato di Hidalgo, in Messico, specialmente ai malati morti nell’ospedale di Tula e ai loro familiari”. Inoltre, ha assicurato la propria preghiera “per le persone che sono ingiustamente trattenute in Paesi stranieri”. Ricordando che “ci sono purtroppo vari casi, con cause diverse e a volte complesse; auspico che, nel doveroso adempimento della giustizia, queste persone possano al più presto tornare in patria”.