Angelus, il Papa: “Il cristiano non fa il fachiro, la conversione è una grazia”

Il Santo Padre ripercorre l'esempio di san Giovanni Battista: "Il suo, un battesimo di conversione dei peccati"

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“Che cosa significa la parola ‘conversione’?”. Un interrogativo che si presenta nel giorno in cui la lettura evangelica presenta “la figura e l’opera” di Giovanni Battista. Egli, spiega Papa Francesco alla recita dell’Angelus, “indicò ai suoi contemporanei un itinerario di fede simile a quello che l’Avvento propone a noi, che ci prepariamo a ricevere il Signore nel Natale. Questo itinerario di fede è un itinerario di conversione”. Ma per comprenderne a fondo il significato, bisogna imparare che “convertirsi significa rivolgersi dal male al bene, dal peccato all’amore di Dio”.

Quello che Giovanni Battista proclamava era “un battesimo di conversione per il perdono dei peccati“. Ricevere il battesimo “era segno esterno e visibile della conversione di coloro che ascoltavano la sua predicazione e si decidevano a fare penitenza”. Ma l’immersione nel Giordano “era un segno soltanto e risultava inutile se non c’era la disponibilità a pentirsi e cambiare vita”.

L’esempio del Battista

La conversione, ricorda Papa Francesco, “comporta il dolore per i peccati commessi, il desiderio di liberarsene, il proposito di escluderli per sempre dalla propria vita”. E “per escludere il peccato, bisogna rifiutare anche tutto ciò che è legato ad esso, le cose che sono legate al peccato e cioè bisogna rifiutare la mentalità mondana, la stima eccessiva delle comodità, la stima eccessiva del piacere, del benessere, delle ricchezze”. Un esempio che arriva ancora una volta dalla figura del Battista: “Un uomo austero, che rinuncia al superfluo e ricerca l’essenziale. Ecco il primo aspetto della conversione: distacco dal peccato e dalla mondanità”.

L’altro aspetto della conversione è la ricerca di Dio e del suo regno. “L’abbandono delle comodità e della mentalità mondana non è fine a sé stesso, non è un’ascesi solo per fare penitenza: il cristiano non fa ‘il fachiro’. È un’altra cosa… è finalizzato al conseguimento di qualcosa di più grande, cioè il regno di Dio, la comunione con Dio, l’amicizia con Dio”.

La conversione, una grazia

Un percorso non facile: “La tentazione sempre tira giù e così i legami che ci tengono vicini al peccato: l’incostanza, lo scoraggiamento, la malizia, gli ambienti nocivi, i cattivi esempi. A volte è troppo debole la spinta che sentiamo verso il Signore e sembra quasi che Dio taccia”.

In questi frangenti, “si è tentati di dire che è impossibile convertirsi veramente. Quante volte abbiamo sentito questo scoraggiamento“. Il pensiero di scoraggiarsi è come le sabbie mobili, un’esistenza mediocre. In questi casi bisogna innanzitutto “ricordarci che la conversione è una grazia: nessuno può convertirsi con le proprie forze. È una grazia che ti dà il Signore, e pertanto da chiedere a Dio con forza”.

E’ necessario anche ricordarci come Dio ci ami con tenerezza. “Dio non è un padre brutto, un padre cattivo, no. È tenero, ci ama tanto, come il buon Pastore, che cerca l’ultima del suo gregge. È amore, e la conversione è questo: una grazia di Dio. Tu incomincia a camminare, perché è Lui che ti muove a camminare, e tu vedrai come Lui arriverà. Prega, cammina e sempre si farà un passo in avanti“.