Crisi, il day after: il Pd detta la linea

Il discorso lineare e mirato del premier Conte, così come la replica immediata di Salvini e il dibattito che ne è seguito, hanno chiarito che la deriva della politica italiana non è poi così confusionaria. Perché nonostante il discorso accorato e scandito dal sostegno dei suoi, il leader della Lega esce malconcio dalla giornata in Senato, con il ritiro della mozione di sfiducia che fa gioco alla replica di Conte e rafforza indirettamente la caratura di un premier che, nonostante il carisma altalenante degli ultimi 14 mesi, mette in scena un'impalcatura che regge anche agli affondi (a tratti duri) delle opposizioni, che apprezzano il discorso ma rimproverano una tardiva presa di coscienza. Prova ne sia che, raccolta al balzo la palla della mozione lasciata cadere dalla Lega, l'ormai ex premier sale al Colle per incontare un Mattarella già perfettamente consapevole della situazione, che ringrazia il presidente dimissionario e fissa l'appuntamento per le consultazioni a strettissimo giro. Giusto il tempo per consentire ai partiti di rimettere insieme le carte e recarsi pronti al confronto con il Capo dello Stato.

M5s e Lega

Partito democratico, Lega e Movimento 5 stelle saliranno al Quirinale domani, avvicendandosi di ora in ora per tracciare davanti al Presidente della Repubblica la propria strategia politica per uscire dalla crisi. Prima di loro, Mattarella sente Napolitano (via telefono perché non è a Roma) e si confronta con i presidenti delle Camere, Casellati e Fico, per poi aprire le porte del Colle alle Autonomie in Senato, ai Gruppi Misti delle Camere e a LeU di Montecitorio. Un giro di valzer per sondare il terreno in attesa di capire quale sarà la linea adottata dai partiti maggiori: abbastanza definita la posizione dei Cinque stelle, che fanno quadrato attorno a Conte (che quasi per inerzia, dopo la sua offensiva in Senato, potrebbe rappresentare l'avversario naturale di Salvini alle prossime elezioni) e archiviano in via definitiva qualsiasi possibilità di tornare a parlare con la Lega. Il Carroccio, dal canto suo, la linea l'ha tracciata mentre Salvini parlava, con toni quasi da campagna elettorale. Anche se, in chiusura, l'apertura sulla possibilità di completare le riforme prima di recarsi al voto (così come il ritiro della mozione a carico di Conte) è rimbalzata nell'aula come una retromarcia che potrebbe far traballare le certezze palesate dal ministro in vista di un nuovo voto.

La linea dem

Definito in parte il nodo Pd. La direzione di partito (che ha approvato l'odg del segretario Zingaretti) porta in dote una scaletta da seguire per sedersi al tavolo per trattare con il Movimento 5 stelle, per capire se la nebulosa bollata come un inciucio in atto da tempo da Salvini possa davvero prendere forma concreta. Zingaretti non esclude l'ipotesi ma descrive un percorso a ostacoli: “Non ho mai demonizzato M5s anzi, al contrario, sono stato oggetto di critiche a volte feroci perchè ho tentato di sviluppare un'analisi attenta su questo movimento, ma non posso ignorare differenze enormi, che riguardano principi, un'idea di Europa di democrazia. Non facciamo finta che questa differenza siano scomparse, Dobbiamo lavorare sui contenuti e sul merito”. A dama si può arrivare (anche se la variabile Conte potrebbe rappresentare un ulteriore ostacolo) ma la scacchiera appare già definita con cinque mosse tracciate per andare d'accordo coi dem: “Appartenenza leale all'Unione europea; pieno riconoscimento della democrazia rappresentativa, a partire dalla centralità del parlamento; sviluppo basto sulla sostenibilità ambientale; cambio nella gestione di flussi migratori,con pieno protagonismo dell'Europa; svolta delle ricette economiche e sociale, in chiave redistributiva, che apra una stagione di investimenti”. In sostanza, per il segretario un eventuale nuovo governo “dovrà essere in discontinuità con il precedente” e “di legislatura”, altrimenti meglio il voto: “La nostra proposta deve essere chiara, lineare trasparente per evitare a tutti coloro che tenteranno questo esperimento l'accusa di trasformismo. No a una confusa ammucchiata”.