“Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro”

«Le hai rivelate ai piccoli»
«Revelāsti ea parvŭlis»

Festa di Santa Caterina da Siena, Vergine e Dottore della Chiesa, Patrona d’Italia e d’Europa – Mt 11,25-30

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Il commento di Massimiliano Zupi

Che cosa viene rivelato ai piccoli? Che Dio è Padre e si prende cura dei suoi figli: dà loro tutto. È una rivelazione che non può raggiungere i sapienti e gli intelligenti: troppo forti, abili, autosufficienti, per arrivare a dipendere e ad affidarsi ad uno che sia più grande di loro. Per entrare nel regno dei cieli occorre diventare come bambini (Mt 18,3), o meglio, occorre riscoprire il bambino che è dentro di noi: il bisogno di protezione, di accoglienza e di cura che siamo. Non si tratta di rinnegare l’intelligenza e l’autonomia; al contrario, proprio esse, di fronte al mistero della vita e della morte, dovrebbero riconoscere la propria inadeguatezza e far emergere, per converso, il piccolo che è in ciascuno: così da aprirsi alla rivelazione del fatto che al principio e alla fine della nostra vita non è il nulla ed il vuoto, ma l’abbraccio ed il sorriso di un Abbà. In fondo, il cristianesimo è anche solo imparare a pronunciare questo nome − Abbà! − e a farne il baricentro della propria identità (Rm 8,16; Gal 4,6). Paradossalmente, esso diventa allora condizione di possibilità per vivere davvero da adulti, così da mettere a frutto le nostre capacità di amare come siamo amati (Gv 13,34). I bambini sono sempre pieni di vita e di energia; da adulti, l’esperienza comune a tutti è un senso di stanchezza ed oppressione. Stanchezza, ovvero la percezione del venir meno dell’energia vitale: soffriamo di un’inarrestabile emorragia di vita (Mc 5,25). Oppressione, ovvero il sentimento di non essere mai all’altezza, adeguati: soffriamo di non essere bravi come vorremmo. Essere piccoli significa accettare di essere bambini del Padre. Egli ci accoglie così come siamo: in questo modo siamo sollevati dall’oppressione che ci toglie il respiro e ci mette ansia. Liberati dal dover meritare l’amore, amati, impariamo a nostra volta ad amare: in questo modo siamo guariti dalla stanchezza e scopriamo una sorgente di vita zampillante (Gv 4,14). La santità non è più una virtù da raggiungere con le proprie forze, con asprezza e durezza, ma un modo di vivere da accogliere e far fiorire, nella dolcezza e nella leggerezza.