“Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà”

«Quando ha dato alla luce un bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo»
«Cum autem peperĕrit puĕrum, iam non memĭnit pressūrae propter gaudĭum quia natus est homo in mundum»

Sesta Settimana di Pasqua – Gv 16,20-23 

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla».

 Il commento di Massimiliano Zupi

Molto realisticamente, in questi giorni Gesù insiste nel preannunciare ai suoi discepoli l’inevitabile passaggio attraverso la sofferenza. Il dolore è un ingrediente sempre presente nella nostra vita: lo si può ignorare, anestetizzandoci; si può presumere di poterlo vincere ed eliminare, illudendo noi stessi e costringendoci alla superficialità; oppure lo si può accogliere ed accettare. Ma anche in quest’ultimo caso, l’accettazione può essere vissuta come rassegnazione servile: è una subordinazione triste, con il volto scuro (Lc 24,17). Oppure può essere vissuta nella consapevolezza e nella gioia che in questo modo, come una partoriente, si sta dando alla luce un uomo.

Questo uomo è l’umanità nuova, ad immagine e somiglianza di Cristo. Chi prende la propria croce con la consapevolezza e la libertà del suo Signore, infatti, rinasce a nuova vita: diventa una creatura nuova (2 Cor 5,17), per la quale tutto è dono e tutto dona. Con la morte e la resurrezione di Gesù, il parto è cominciato: è uscita la testa dell’uomo nuovo. Chiunque passa per quella stessa via, è un frammento di corpo in più che viene espulso. La creazione stessa attende con impazienza la conclusione del parto (Rm 8,19). Questa nostra esistenza terrena, proprio oggi, è il tempo giusto e l’occasione propizia perché si avvicini il compimento.