Salvini-Di Maio: marciare uniti per colpire divisi?

L’avvicinamento fra la Lega e il Movimento 5 Stelle, sancito dal recente accordo sui vertici delle Camere in cui Forza Italia è paradossalmente rimasta all’angolo pur ottenendo la Presidenza del Senato, sembra aprire inedite convergenze. Il futuro governo potrebbe infatti essere co-gestito dai due partiti maggiormente premiati dalle urne, anche se né Salvini né di Maio ricoprirebbero probabilmente la carica di Primo ministro. Quale logica può celarsi dietro questo scenario, soprattutto dal punto di vista della Lega?

L’ipotesi politicamente più intelligente è che Matteo Salvini voglia portare avanti un’intesa soltanto “tattica” con Luigi di Maio, puntando ad un governo di scopo di durata limitata (magari di un anno). In un governo di questo tipo, che probabilmente molti media battezzerebbero come “le larghe intese populiste”, Lega e 5stelle si limiterebbero in realtà a fare una nuova legge elettorale e a prendere poche misure di carattere molto popolare (qualche riduzione di tasse; tagli più o meno simbolici ai costi della politica; blocco dell’aumento dell’IVA; qualche sussidio sociale o piccoli correttivi alla legge Fornero), al fine di presentarsi ad elezioni anticipate come avversari dichiarati, mantenendo però alta la rispettiva popolarità e l’immagine di “partiti di rottura” con il passato.

Un governo di scopo e breve durata con queste caratteristiche implicherebbe parallelamente anche un’altra importante finalità: quella di scalzare definitivamente il consenso dei soggetti a loro contigui, cioè il Pd nel caso dei 5stelle e Forza Italia nel caso della Lega. L’obiettivo è sicuramente ambizioso per entrambi: realizzando questo disegno, Salvini e di Maio riuscirebbero ad andare al governo quel tanto che basta per confermarsi agli occhi degli elettori le forze nuove della politica italiana, rottamando definitivamente gli altri partiti e giocandosi poi l’uno contro l’altro la piena leadership del Paese da qui a qualche anno.

Dal punto di vista della Lega, questa strategia sembra suggerita anche dalla semplice matematica. Posto che sul piano della cultura politica e del bacino elettorale M5s e Lega sono partiti rivali, capaci di diventare rispettivamente la nuova sinistra e la nuova destra in Italia, allo stato attuale si tratta però di una lotta impari: i 5stelle al 32% e la Lega al 18%. Per riuscire a competere con il suo avversario di domani, il leader leghista deve giocoforza passare per quella che viene infelicemente chiamata “Opa su Forza Italia”, cioè la costruzione di un grande partito unico di centrodestra a guida salviniana. Numeri alla mano, per Salvini la necessità di erodere consenso all’area moderata è insomma anche superiore a quella, pur politicamente azzeccata, che i 5stelle hanno di continuare a sfondare a sinistra e “macinare” il Partito Democratico.

In tutto ciò, mentre il Pd sembra attualmente bloccato in una specie di afasia politica, ben visibile nella retorica disfattista del rimanere in opposizione “sull’Aventino”, in Forza Italia hanno sicuramente ben capito il rischio di estinzione e aumentano le divergenze tra chi propende per l’assorbimento nella Lega e chi si ostina a tenere duro. Pertanto, le maggiori resistenze verranno proprio dall’area berlusconiana, con Salvini che dovrà essere capace di mantenere un accorto equilibrio tra la fedeltà a un centrodestra in cui è socio di maggioranza e il passaggio verso un nuovo grande partito di cui sia leader indiscusso.

Nello scenario qui ipotizzato, Salvini e di Maio si preparano a marciare uniti per colpire divisi, cioè a stringere un’alleanza pro tempore per rafforzarsi oggi e sfidarsi domani. Ad essi andrebbe così il merito storico di aver rinnovato la politica italiana da un punto di vista generazionale, di idee e classe dirigente, gettando le basi per un nuovo bipolarismo. Se invece fosse più forte la tentazione del potere, arrivando al punto di formare un vero e proprio governo politico Lega-5stelle, sul lungo periodo verrebbero al pettine tutti i nodi di un’alleanza innaturale, fondata su programmi diversi e su ambizioni personali incompatibili. In questo caso, i due partiti finirebbero per limitarsi a vicenda sino ad arrivare, forse, alla mutua distruzione assicurata

Dario Citati – Vice-Presidente dell'IsAG e Associato del Centro Machiavelli di Studi Politici e Strategici