Don Buonaiuto: “Nessuno ha il diritto di comprare un'altra persona”

Storie italiane”, il programma condotto da Eleonora Daniele, torna a parlare di un altro caso di prostituzione minorile. Questa volta l'orrore è stato scoperto in un campo nomadi sorto alla periferia di Foggia, dove sei rom (due uomini, due donne e due ragazzini) sono stati arrestati con l'accusa di aver ridotto in schiavitù tre giovani tra i 16 e i 17 anni, anch'esse rom. 
L'inchiesta lampo è nata in seguito alla denuncia di una delle ragazze, che a settembre è riuscita a fuggire dal campo nel quale sostiene di essere stata segregata per mesi. Incinta e piena di lividi causati da pugni e cinghiate, avrebbe infatti avuto il coraggio di chiedere aiuto ad alcuni italiani di un accampamento vicino e poi di denunciare tutto alla polizia.
 

“I fatti da condannare”

In studio era presente Don Aldo Buonaiuto, sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII, da anni impegnato nella lotta contro la tratta di esseri umani e lo sfruttamento della prostituzione, che ha così commentato: “Questo caso, ci pone davanti a un duplice orrore. Da una parte, al fatto che donne sempre più giovani vengono costrette a prostituirsi, per soddisfare i bisogni di uomini che pensano di avere il diritto di comprare il corpo di ragazze, che magari hanno l’età delle loro stesse figlie. Dall’altro, che fine faranno i loro bambini, spesso obbligati all’accattonaggio o venduti, come emerso dalle indagini di Foggia, da cui risulterebbe che erano già stati presi accordi alla cifra di 28 mila euro”.

Don Buonaiuto, ha poi fatto notare che non si può fare una distinzione tra giovani minorenni e ragazze di 18-20 anni, in quanto ogni forma di schiavitù dev’essere condannata: “Nessuno deve avere il diritto di comprare un’altra persona, a prescindere dalla sua età. Le relazioni intime si conquistano e non si acquistano, in un rapporto alla pari”. “Il caso di Foggia – ha proseguito – è solo una delle tante espressioni di un racket che in questo caso parte dalla Romania. Quante donne giovanissime sono sulle nostre strade e anche nei locali? Il 37% sono addirittura minorenni. Il problema è che molti sanno, ma fanno finta di niente. Con le nostre unità di strada le incontriamo in tutta Italia, in queste notti di gelo, anche al settimo o all’ottavo mese di gravidanza, con i lividi causati dalle percosse. Un dramma verso cui non si può più tacere, e verso il quale è necessario soprattutto intervenire in maniera concreta”.

Secondo il direttore editoriale di In Terris, per arginare questo fenomeno è fondamentale agire sulle coscienze, su un’opinione pubblica che troppo spesso si gira dall’altra parte, “su quegli uomini spietati, che pensano di avere il diritto di sfogare i propri istinti e bisogni perversi, su queste ragazzine”. “Sulle strade – ha continuato ancora – dove oltre alle rumene, ci sono le nigeriane, ma anche ragazze di altre nazionalità, tutti vedono. Poi però subentrano tanti fattori a partire dalla volontà politica; da chi dovrebbe agire e a volte non ha le risorse; mentre gli assistenti sociali hanno timore di intervenire da soli”.

Un altro risvolto di questa piaga è rappresentato dai gravi danni fisici e psichici, spesso irreversibili, che queste donne subiscono: “Nella maggior parte dei casi restano per sempre nelle nostre case perché non hanno più un futuro. Arrivano distrutte, con le orecchie tagliate, paralizzate; alcune non si ricordano neanche come si chiamano tante sono le botte in testa ricevute. Ecco perchè parlo di coscienza, non in senso religioso, ma umano. Dobbiamo fermare la domanda con delle pene molto più severe. Dobbiamo far si che i ‘magnaccia’, denunciati dalle giovani, non tornino facilmente in libertà, perché così diamo loro la possibilità di ricercarle di nuovo o di ricominciare il loro mercato ignobile”.