Medici: il diritto e il dovere di dire no

E' di questi giorni l'ennesimo attacco all'obiezione di coscienza dei medici lanciato dall'Associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto (AMICA) coadiuvata dall'Associazione Luca Coscioni e dall'Unione Atei e Agnostici Razionalisti (UAAR) relativa alla richiesta, rivolta ai Ministri della Salute, dell'Università e della Ricerca, di revocare l'accreditamento alla scuola in ostetricia e ginecologia del Campus Biomedico con la motivazione che tale Università non assicura “una formazione completa, che preveda, anche, l'interruzione volontaria di gravidanza e contraccezione”  fornendo così agli studenti una preparazione “parziale ed incompleta, oltre a non tener conto del principio di laicità e di appropriatezza”.

Anche la politica si è interessata al caso attraverso la dichiarazione di una parlamentare che ha affermato: “La battaglia delle donne non è ancora finita”. Sarebbe bello poter pensare di risolvere le problematiche relative alle donne con la revoca dell'accreditamento alla scuola di ostetricia e ginecologia del Campus Biomedico, piuttosto che combattendo il femminicidio, il mercato del sesso, la violazione più elementare di certi diritti fondamentali ancora presente in alcuni Paesi, fino recentemente all'offesa verbale contenuta in certe canzoni.

E' del tutto evidente che tale richiesta nasconda di fatto l'ennesimo tentativo ideologico di abolire l'obiezione di coscienza, così come già si evince dalle recenti disposizioni anticipate di trattamento (DAT). La problematica non è certamente, come qualcuno vuol far credere, di pertinenza solamente confessionale ma investe la professione medica nel suo DNA. Il medico infatti per sua stessa definizione è colui che cura le malattie e quindi dona salute ed è questo l'elemento fondante del rapporto medico-paziente. Il tentativo da parte di alcune correnti di pensiero però è quello di tentare di snaturare questo rapporto, dove il medico diviene non più datore di salute ma donatore di morte.

Vale la pena qui ricordare che l'obiezione di coscienza nasce come rivendicazione del singolo di essere esonerato da un obbligo giuridico in quanto ritenuto in contrasto con una istanza della propria coscienza che considera, tale obbligo, lesivo di un proprio diritto fondamentale.

Il medico oggi è talvolta tentato ad un ripensamento sulla sua scelta e vocazione ad esercitare la professione e questo anche alla luce del crescente disagio che avverte nel suo approccio ad alcune nuove problematiche, soprattutto di ordine etico e giuridico. Gli vengono attribuiti infatti nuovi compiti e responsabilità che alimentano ulteriori dubbi, interrogativi ed angosce, mettendone pertanto in discussione la propria indipendenza. Al medico oggi viene chiesto di impedire la nascita di un essere umano, di abbreviarne la vita o addirittura di provocarne la morte e questo spesso con pesanti pressioni anche mediatiche dettate per lo più da interessi economici, politici e ideologici.

Tutto ciò in contrasto col giuramento d'Ippocrate che vale la pena qui ricordare, a proposito del “principio di laicità”, era un medico contemporaneo di Socrate e che pur non avendo mai sentito parlare del Cristo pronunciò quell'assunto che ancor oggi viene espresso nel post laurea.

L'obiezione di coscienza pertanto rappresenta non soltanto un diritto, ma un punto cardine della professione medica che garantisce autonomia e libertà decisionale al medico il quale in coscienza deve operare secondo i propri convincimenti etico-scientifici a tutela del bene del paziente attraverso il rispetto della vita e della dignità della persona umana così come garantito dall'art. 32 della nostra costituzione e dall'art. 22 del codice deontologico.

Per queste ragioni risulta dunque auspicabile che l'autonomia professionale medica rimanga tale e che non venga inficiata da elementi ideologici esterni alla nostra formazione ippocratica sperando in tal modo che venga impedita la messa in atto della “cultura dello scarto”, più volte denunciata da Papa Francesco, riuscendo al contrario a far prevalere nei nostri giovani l'educazione  al rispetto della vita umana come valore e non quella della morte come disvalore, idea che purtroppo oggi subdolamente sempre più si sta facendo strada nella cultura della nostra società.