Il contagio emotivo del coronavirus

Per le notizie da “bollettino di guerra nucleare”, veicolate dai mezzi di comunicazione di massa – web in primis – in merito al “coronavirus” che ha aggredito la Cina, tremano gli adulti, s’impanicano le autorità e si sentono impotenti e indifesi, anzitutto e soprattutto, i bambini che assistono al progredire, quotidiano ed allarmante, di queste notizie. Senza poter contare sul contenimento emotivo di chi dovrebbe trasmettere loro serenità e coraggio. Soprattutto di fronte ai più critici e pericolosi passaggi e problemi della vita. Se, infatti, gli adulti temono, ad ogni anomalo colpo di tosse; ad ogni febbre che esplode all’improvviso, che quel contagio stia diventando una catastrofica, incontrollabile, “pandemia”, i bambini, i preadolescenti, gli adolescenti, già tanto provati, in famiglia e nel sociale, dalle insicurezze del loro futuro, possono, a tal punto, essere, “emotivamente” contagiati , da far confluire tutte le loro paure – di abbandono, di impotenza, di separazione, di morte – nella più vasta, straripante e collettiva paura che “la sindrome di Wuhan” e/o “ la sindrome cinese”, in questo storico momento, può rappresentare. E, anzi, rappresenta.

Se è vero che, da quando è scoppiata, tanti di loro cominciano a temere il contatto con i ragazzini cinesi che, peraltro, frequentano ormai da tanti anni, in numero considerevole, le classi delle loro stesse scuole  . Se è vero che- emotivamente contagiati da molti dei loro genitori- cominciano a disertarle, per paura di un contagio che, per ora, sembra non avere rimedio. Vero è, infatti, che il peggiore dei contagi è, certamente, il contagio emotivo. Così, proprio il “contagio emotivo” che accompagna la paura di ammalarsi del “coronavirus”, alimenta apocalittici terrori. Terrori che, invece, dovrebbero e potrebbero essere diversamente governati, per trasformare questa emergenza sanitaria, in una presa di coscienza e, perfino, in una risorsa, capace di rinforzare la necessità di favorire, in ogni parte del mondo, quelle preventive azioni e tutele sanitarie, rispettose dell’ambiente naturale e degli animali che lo popolano, mescolando, da sempre, le sorti della loro presenza e sopravvivenza a quelle degli esseri umani.

Così, il cibarsi, attribuito o reale per i cinesi, di cani, serpenti e pipistrelli, unitamente all’incuria sanitaria che, a suo tempo, favorì epidemie come quella denominata della “mucca pazza”, può comportare il rifiuto dei cinesi  -uomini , donne , bambini che vivono anche nel nostro paese, come in altri paesi dell’Europa e del mondo – perché ritenuti dei possibili “untori”. “Untori” capaci di scatenare una universale “pandemia”, addirittura catastrofica per le sorti di tutta l’Umanità. “Untori” che disastrano la propria e l’altrui economia di mercato, facendo crollare le borse e/o favorendo l’immaginario di chi – tra fake-news e ipotesi fantascientifiche – sospetta che “il coronavirus” altro non sia che un esperimento mal riuscito di forgiare un “letale virus”, creato appositamente in laboratorio, a Wuhan, per mettere in atto “esperimenti militari coperti dal più grande segreto”. Se così fosse – ma lo è? – l’intenzione di contagiare avrebbe l’intento di utilizzare il “coronavirus” come una iperpotenziata “bomba H”. Oppure- come recita un’altra pesantissima fake- news- di provocare un’epidemia capace di arricchire ulteriormente la “rete” internazionale di case farmaceutiche le quali potrebbero lucrare all’infinito sulla produzione di vaccini anti-coronavirus. C’è, allora, da credere che i veri “untori” siano proprio quelli che contagiano il mondo, virtuale e non, con la paura di morire, madre di tutte le angosce umane, in preda a ciò che non si conosce e che rende inermi, malati, impotenti tutti gli esseri umani del pianeta.

Prof.ssa Maria Rita Parsi
tratto da Il Giorno