Scommesse clandestine tra Palermo e Napoli, 15 arresti

Sequestrate sei agenzie illegali dalla Guardia di Finanza che ha ricostruito la presunta rete di persone fisiche e giuridiche che si è occupata della raccolta delle scommesse

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Fonte: ANSA

Nuovo colpo al giro di scommesse illegali tra Palermo e Napoli. I finanzieri del comando provinciale del capoluogo siciliano hanno arrestato 15 persone. Le accuse, a vario titolo, sono di associazione a delinquere finalizzata all’esercizio abusivo delle scommesse e truffa ai danni dello Stato, nonché di trasferimento fraudolento di valori. Di questi sei sono finiti in carcere, gli altri nove sono stati posti ai domiciliari. Con lo stesso provvedimento il gip ha disposto il sequestro preventivo di 6 agenzie di scommesse. Queste si trovano a Palermo e in provincia di Napoli, per un valore complessivo stimato di circa un milione di euro. Sono in corso perquisizioni in casa e negli uffici degli indagati tra la Sicilia e la Campania. L’operazione che ha preso il nome di “All In si gioca”, prosecuzione dell’indagine “All In” dello scorso giugno, è stata coordinata dal procuratore aggiunto della Dda Salvatore De Luca.

I rapporti tra mafia e business delle scommesse

Lo scorso giugno con l’operazione “All In” era stata fatta luce sui presunti rapporti tra la mafia e il business delle scommesse. Con queste nuove indagini i finanzieri del Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo hanno ricostruito la complessa ed articolata presunta rete di persone fisiche e giuridiche che si è occupata della diffusione e della gestione della raccolta illegale delle scommesse.

La rete commerciale illecita

Le indagini hanno fatto emergere la presenza di due distinte associazioni a delinquere parallele. Entrambe hanno a capo Salvatore Rubino. Sarebbe stato lui a costruire la rete commerciale illecita. Con questa venivano raccolte giocate per almeno 2,5 milioni di euro al mese, come emerso da alcune intercettazioni telefoniche. Il primo gruppo, capeggiato secondo le indagini da Vincenzo Fiore e Christian Tortora e composto da Salvatore Barrale, Maurizio Di Bella, Pasquale Somma e Giovanni Castagnetta, sovrintendeva all’operatività di una rete di agenzie. Ognuna di queste era riconducibile a soggetti di fiducia (cosiddetti “master”). La seconda organizzazione, che pure gestiva centri scommesse, aveva come figure di rilievo Rosario Chianello e Michelangelo Guarino e si avvaleva della collaborazione di Giovanni Di Noto, detto “Gianfranco”, già arrestato, accusato di fare parte della famiglia mafiosa della Noce. Di questo gruppo facevano parte anche Davide Catalano, Giacomo Bilello, Pietro Montalto, Antonio Inserra e Salvatore Lombardo.

Una raccolta di scommesse “da banco”

Secondo la GdF, la raccolta illegale delle scommesse avveniva attraverso lo schermo di agenzie che operavano regolarmente in forza di diritti connessi a concessioni assegnate dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. In sostanza, secondo le indagini, i gestori di agenzie abilitate alla raccolta lecita di scommesse “da banco”, in accordo con gli indagati, alimentavano parallelamente un circuito illecito accettando scommesse in contanti dai clienti che venivano convogliate su “conti gioco” intestati a soggetti terzi mediante l’utilizzo di piattaforme straniere illegali.