La tardiva mossa acchiappa-cattolici di Zingaretti

La mossa è strategicamente palese. Dopo aver calibrato l'avvio della sua segreteria su battaglie marcatamente laiciste come il fine vita (discusse, subito dopo la sua elezione, nell'incontro d'inizio mandato con la leader radicale Emma Bonino), adesso Nicola Zingaretti prova a riequlibrare il Pd sul fronte moderato, intravedendo nel cattolico democratico Giuseppe Conte un possibile nuovo Romano Prodi in vista di un revival ulivista.  

Operazione complicata

Ma sui temi eticamente sensibili resta la distanza con la galassia ecclesiale e la strategia del segretario del Pd appare complicata e tardiva.  Il presidente del Consiglio, lo descrive la Stampa, “è concentratissimo sul rilancio dei governo, la sua prima scelta resta quella di restare a Palazzo Chigi il più a lungo possibile”, ma in certi ambienti nessuno ha dimenticato la sua visita ad Avellino il 14 ottobre scorso: “Quella volta, su iniziativa di Gianfranco Rotondi, Conte parlò davanti alle personalità più autorevoli della vecchia Dc (De Mita, Bianco, Mancino) e pronunciò una frase evocativa: “Serve una Democrazia dei cristiani“. E d'altra parte Conte da tempo è guardato con grande simpatia in Vaticano”.

Il tentativo di rilanciare l'esecutivo

“Alla fine, dopo averci rimuginato sopra per diverse settimane, Nicola Zingaretti il «pompiere» ha preso due decisioni che un tempo si sarebbero definite strategiche. Sul governo e sul rapporto con Giuseppe Conte- osserva Fabio Martini sulla Stampa- La prima decisione del segretario Pd in ordine di tempo riguarda il destino dell' esecutivo: a gennaio il Partito democratico affronterà la verifica con il Movimento Cinque stelle per rilanciare per davvero l'esecutivo, senza retropensieri “sfascisti”, tenendo la guardia ben alta, non abbassando “l'asticella del rigore”, provando ad “imporre qualità al governo” e mettendo in campo un elenco di provvedimenti targati Pd”.

Lo snodo della strategia Pd

Se dopo due, tre mesi di rilancio serio, i Cinque stelle ricominceranno a destabilizzare la maggioranza, a quel punto, secondo il retropensiero del governatore del Lazio, si assumeranno loro la responsabilità di una rottura, che diventerà inevitabile. Zingaretti lo ha deciso e non lo può esplicitare in modo chiaro, ma tutto questo si può “leggere”, seguendo quanto detto dal segretario del Pd in una intervista a Lucia Annunziata su Rai 3: “È da matti far parte di un governo e picconarlo tutti i giorni. Mi auguro che si vada verso un programma non di titoli ma di provvedimenti e di azione”. E poi la frase-chiave: “Se dobbiamo far finta lasciamo stare”. Dunque, prosegue Martini, facciamo sul serio, sottoscriviamo un “programma condiviso” e da quel momento in poi si rema tutti nella stessa direzione. Ma “chi scarta, paga”, puntualizza la Stampa. Davanti allo scenario (sia pur lontano e ipotetico) di una rottura con il M5s e di elezioni anticipate, “Zingaretti in cuor suo scommette sull' emancipazione politica di Giuseppe Conte, che in questi giorni il leader del Pd ha gratificato di elogi al superlativo”, arrivando a definire il premier di due governi diversissimi come un personaggio “tatticamente sagace” e persino “riferimento fortissimo dei progressisti”. La scommessa non esplicitabile di Zingaretti è quella di un Conte che, in caso di scioglimento delle righe, potrebbe decidere di restare in politica, creando un suo movimento, alleato del Pd.

Coalizione di centrosinistra 

Zingaretti vede Conte alleato privilegiato più che candidato-premier di una coalizione di centro-sinistra. E anche in questo caso il segretario Pd fa capire quale sia il suo piano. “Se Conte dice “faccio una scelta di campo e mi metto nel campo del centrosinistra”, vuol dire che questo campo o ridiventa competitivo per combattere Salvini o gli regaliamo il governo”. E ancora: “Se nella coalizione di centrosinistra ci sarà anche il presidente del Consiglio, mi stupisce lo stupore”, per l'incoraggiamento da parte del Pd. Zingaretti lo ha detto con una perifrasi ma lo ha detto: nel futuro più probabile un'alleanza con Conte, che con i Cinque stelle. Certo, precisa la Stampa, “non è detto che prenda mai corpo un partito di Conte e dunque quello di Zingaretti resta un piano B, mentre mancano pochissime settimane all'avvio della verifica di governo con i Cinque stelle e con Italia Viva di Renzi. E da questo punto di vista Zingaretti ha calato le sue carte indicando i temi che porterà nell' agenda del governo: “Obbligo scolastico tra 3 e 18 anni, aumenti agli insegnanti, tutte le scuole aperte fino alle 18, parità di retribuzione tra uomini e donne, economia green, semplificazione burocratica per le imprese“.