La medicina del Conte II contro l'evasione

Stretta agli evasori. La ricetta del governo Conte II per porre fine a un buco che ogni anno ammonta a circa 109 miliardi di euro, fra imposte e contributi evasi, assume la forma – secondo quanto dichiarato dal premier nel Rose Garden delle Nazioni Unite a New York – di un “patto con gli onesti”. Il discorso di Conte oltreoceano inaugura, così, il nuovo round Stato-evasori iniziato formalmente nel 1982 e mai concluso. Per questo, il governo richiama, ancora una volta, le manette agli evasori, aggiungendo altresì di voler “premiare” gli onesti, appunto, cioè quanti a evadere non ci pensano proprio.

Premio agli onesti

La ricetta proposta da Palazzo Chigi prevede politiche di incentivo all'utilizzo delle carte di credito e di tutti i sistemi di pagamento elettronici digitali. In questo modo emergerebbe il nero e gli evasori sarebbero più individuabili. Non resta che convincere gli Italiani a dismettere il caro, vecchio contante: per questo, l'ipotesi proposta da Giuseppe Conte e dal ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, è quella di far tornare nei portafogli dei contribuenti circa il 10% della cifra totale spesa annualmente. Ma come verrà assegnato questo “premio”? Il team che sta lavorando al meccanismo, suppone una soglia annuale minima di circa 2.000 euro, così come la possibilità di utilizzare come “discrimine” di calcolo il reddito pro capite. 

Pene efficaci?

La lotta all'evasione, come confermano le precedenti legislature, non sarà facile e lo scoglio non riguarda soltanto l'evasione di per sé. Lo ha ammesso lo stesso premier: “Mi rendo conto che potrebbe indurre a cambiare alcuni stili di vita” ha affermato, sollecitando un nuovo patto di fiducia con gli Italiani. Sul piano penale, i due punti normativi sono la legge 74 del 2000 e la legge 158 del 2015, che mirano a contrastare il “nero”, cioè coloro che non emettono fatture o lo fanno, falsificando i dati. Ma le pene previste, secondo quanto ribadito dal magistrato Bruno Tinti sul quotidiano La Repubblica, sono basse se comparate all'ammontare delle tasse non pagate: “Le pene previste, ad esempio, per la dichiarazione infedele [le fatture con dichiarazioni false, ndr], vanno da 1 a 3 anni, ma deve esserci una imposta evasa superiore a 150.000 euro e comunque l'imponibile non dichiarato deve superare i 3 milioni di euro” spiega Tinti.

Scoglio culturale

Non tutti gli Italiani sono evasori e molti preferiscono maneggiare il caro, vecchio contante. In diversi esercenti romani, come i caffè per esempio, non è sempre possibile pagare con la carta di credito o altri dispositivi elettronici. Se i giovani sono quelli più propensi al virtuale, altri, fedeli allo storico “libretto alla Posta” utilizzato dai nostri nonni, restano diffidenti. Il presidente del Consiglio chiede, dunque, un sacrificio al Paese. Resta soltanto una dubbio: se l'hamburger che ieri il premier ha mangiato a Manhattan, come documentato da una foto sui social, sia stato pagato in contanti o carta di credito.  

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