Il vaso rotto del compromesso

Si scrive crisi, si legge rottura. A dodici ore dalla conferenza stampa del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, vedere il susseguirsi degli eventi equivale a leggere la realtà politica come mai prima d'ora. D'altronde, lo stesso premier ha promesso una trasprarenza sconosciuta alla storia repubblicana. “Il punto è che la tela si è sfilacciata” ha dichiarato sulle pagine di In Terris Francesco Clementi, Docente di Diritto Pubblico Comparato presso l'Università di Perugia, che ravvisa nell'attuale situazione politica il compimento di una profezia fin troppo evidente. 

Professore, come si è arrivati a questo punto?
“Beh, diciamo che l'attuale formazione di governo aveva davanti un percorso difficile, dalla dubbia durata. Quest'esecutivo è composto da una  maggioranza impura, figlia di un accordo pre-elettorale. Questo ha fatto sì che, nei fatti, i due partiti di riferimento, cioè Movimento 5 Stelle e Lega, abbiano tentato quotidianamente di mantenere un punto di equilibrio. In fondo, questo non è un governo di mediazione, ma un governo di compromesso. E di compromesso in compromesso a un certo punto la tela si è sfilacciata”. 

In che senso?
“Nel senso che lo strappo è avvenuto nel momento in cui emersi due aspetti importanti: da una parte, la crisi dei conti pubblici, dall'altra il tentativo di ridurre il Parlamento in un luogo estremamente silenzioso rispetto alla dinamica della forma di governo”.

Si spieghi meglio…
“Per quanto riguarda i conti pubblici, i problemi sono legati a un aumento spropositato che nell'ultimo anno è avvenuto anche in ragione di promesse elettorali da mantenere e costruite sulla 'pancia' degli italiani. L'altro punto, come dicevo, è stato la volontà di ridurre in silenzio il Parlamento: un'intenzione neppure velata. Ricordo un intervento del dott. Davide Casaleggio in cui diceva che il Parlamento sarebbe stato ridotto a un luogo pressocché insignificante e ho notato i passaggi che, attraverso le riforme costituzionali di questo anno, sono stati perseguiti manu militari allo scopo di ridurre Montecitorio a un luogo in cui si fa fatica, per esempio, a vedere un ministro rispondere alle interrogazioni parlamentari che gli vengono formulate”.

C'è ci dice che lo strappo sia avvenuto con l'idea di evitare il cosiddetto “shock fiscale”…
“Le promesse elettorali, dalla flat tax al reddito di cittadinanza, avrebbero sbilanciato moltissimo i conti pubblici. Conti che gli italiani continuano a pagare dentro un alto debito pubblico. La poca qualità di questa classe dirigente nello spiegare agli elettori i rischi di scelte elettorali estremamente costose ha fatto sì che ci troviamo di fronte a una situazione nella quale lo shock fiscale di promesse difficili da mantenere sia l'obiettivo principale che le forze politiche vogliono evitare. Hanno rotto i vasi, ma non vogliono rimettere a posto i cocci…”

Quale sarà il ruolo di Conte in questa fase?
“Rispetto ai 66 Presidenti del Consiglio italiani, il ruolo di Conte è sui generis. perché anche rispetto a quanto abbiamo sempre scritto sui manuali di giurisprudenza – che, cioè, il Presidente del Consiglio in Italia è sempre stato visto come una figura più di mediazione che di guida -, la figura del presidente del Consiglio Conte non è una figura di guida. Al netto del fatto che mantiene i poteri formali di gestione della crisi, è evidente a tutti che, da un punto di vista sostanziale, i suoi poteri sono stati esautorati dal ministro Salvini. In fondo, nessuno di noi accetterebbe di essere considerato un passaparola, pur rispondendo a poteri e funzioni propri del suo ruolo”.

Secondo lei, quali scenari si potrebbero aprire e quando si andrà a votare?
“Mi pare evidente che il vicepremier Salvini voglia arrivare ad un voto prima di introdurre la dinamica propria di scelte di responsabilità fondate sulla legge di bilancio. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, invece, credo abbia intenzione di proteggere e tutelare i risparmi delgi Italiani attraverso la legge di bilancio. Quindi, prima la crisi si apre e prima si fissa il momento elettorale, più entrambi i soggetti possono trovare una soluzione giusta, da un lato tutelando, il più possibile, i risparmi degli italiani con un governo di transizione, dall'altro cercando di evitare il costo delle promesse fatte. Se mi chiede una tempistica, credo si potrebbe andare a votare dalla seconda metà di ottobre”.

Una cosa inusuale…
“Sarebbe la prima volta nella storia repubblicana. Sarebbe il periodo più plausibile, perché in Italia prolungare un voto dopo ottobre vuol dire affrontare la difficoltà di far votare in realtà complesa, perché nevica sull'Appenino, oppure in alcune aree interne è difficile approntare procedure complesse come una campagna elettorale. Quindi, se deve esserci uno shock elettroale, dovrebbe essere breve e intenso. C'è poi un altro problema”.

Quale?
“Che la crisi pone anche la questione di identificare i commissari per la prossima Commissione europea e questo è un ulteriore problema serio per un Paese fondatore dell'Unione europea che dovrebbe trovare  soluzioni capaci di affrontare i problemi economici che il nostro Paese ha”.

Le vegono in mente episodi analoghi all'attuale crisi? 
“Nella storia repubblicana i cosiddetti governi blaneari o crisi d'agosto ve ne sono stati. Si pensi alla fase fanfaniana, per esempio o anche, più di recente, al governo Spadolini. Vi è, però, una grandissima differenza che rende questo contesto estremamente problematico: quelle crisi di governo erano basate su partiti politici importanti e solidi, cioè soggetti che, pur aprendo una crisi di governo nel periodo agostano, sapevano benissimo di essere interpreti di una realtà dell'elettorato italiano. Quelli che abbiamo oggi, invece, sono grandi partiti personali costruiti dentro logiche proprietarie – si pensi a Forza Italia o al Movimento 5 Stelle – o con tratti perosnalististici,  come la Lega di Salvini che non è più la Lega Nord di Umberto Bossi. Questo insieme di due cose li rende simili nei fatti, ma diversi nel contesto. E oggi, il contesto incide molto di più rispetto alla realtà di allora”.