Violenza, Fiano: “Agire con fermezza”

Il Partito democratico arriva al voto del 4 marzo forte di 5 anni di governo e, quindi, nella condizione di poter essere giudicato in base ai fatti. Nel programma elettorale vengono rivendicati i risultati raggiunti e, nel contempo, indicati nuovi obiettivi per dare continuità all'azione riformatrice intrapresa dal 2013 a oggi. Ne abbiamo discusso con Emanuele Fiano, deputato e Responsabile nazionale Pd per le riforme. 

Come si esce dal circolo vizioso innescato dalla violenza politica, e non solo, degli ultimi giorni?

“Dobbiamo agire con fermezza, anche se, fortunatamente, si tratta di un fenomeno ridotto e non particolarmente preoccupante. Chi utilizza la politica o le manifestazioni politiche per esercitare violenza contro gli avversari o le forze dell'ordine, o come espressione di odio razziale come successo a Macerata, va represso secondo le nostre leggi con la massima durezza. Nello stesso tempo chi fa politica deve utilizzare linguaggi chiari e non violenti”. 

Ha parlato di odio razziale. E' innegabile che i flussi migratori abbiano determinato l'insorgere di situazioni di conflittualità sociale. E' un tema complesso: come lo affronterete? 

“Il problema dell'immigrazione esiste, ha numeri significativi, ma non è tale da giustificare l'asprezza dei toni o il carattere catastrofista di alcune dichiarazioni che si sentono in giro. Quello che sappiamo fare lo abbiamo dimostrato dall'anno scorso a oggi con l'attività del ministro Minniti e con le leggi che sono state approvate. Misure che già nel corso del 2017 e ancor più nel 2018 hanno determinato una riduzione dei flussi di oltre il 50%. Risultato ottenuto grazie alla, sia pur difficile, cooperazione con la Libia e all'azione delle agenzie Onu, che hanno incentivato 22 mila persone a tornare nelle loro nazioni di provenienza. Sono stati poi avviati corridoi umanitari gestiti dal governo che hanno portato in Italia 300 persone. Stiamo, poi, lavorando per ridurre la presenza sul nostro territorio dei grandi centri d'accoglienza, che non funzionano bene e favoriscono comportamenti non positivi. Abbiamo, infine, incrementato i rimpatri di quanti non hanno diritto a restare in Italia ma, nello stesso tempo, possono rientrare in un Paese che li accolga. Abbiamo, insomma, dimostrato che questo problema così complesso si può governare, riducendo il suo impatto sociale”.  

A proposito di accordi con le autorità libiche, non crede ci sia bisogno di maggior controllo nei centri detenzione in Nord Africa, che alcune associazioni umanitarie hanno definito dei “lager”?

“Dico, innanzitutto, che bisogna stare attenti alle parole che si usano. I lager erano luoghi adibiti allo sterminio delle persone. Ciò premesso, le denunce sulle condizioni delle persone in quei campi sono arrivate perché il governo italiano ha fatto sì che per la prima volta le agenzie Onu potessero accedervi. I problemi ci sono, ma grazie a questa attività, li stiamo risolvendo”. 

Capitolo lavoro: Renzi rivendica i risultati del Jobs Act. C’è però ancora un elevato numero di cittadini disoccupati o in situazione di precariato…

“Tanto il Jobs act, e quindi il cambiamento del quadro giuridico di riferimento, tanto la temporanea defiscalizzazione delle assunzioni non possono, da soli, consentire all'Italia di risolvere il problema della disoccupazione se non c'è ripresa economica. Da questo punto di vista i segnali che arrivano sono incoraggianti e, tuttavia, vanno interpretati come un punto di partenza e non di arrivo. Il consolidarsi di questi dati farà crescere in modo naturale l'offerta di lavoro e, quindi, le assunzioni. Tutte le manovre che abbiamo approvato puntano hanno l'obiettivo di sostenere la crescita. C'è poi un altro punto…”

Quale?

“Il divario infrastrutturale fra l'Italia e altri Paesi d'Europa. Problema che riguarda soprattutto alcune regioni. Una parte del nostro programma prevede proprio la quantificazione degli investimenti necessari da questo punto di vista. Portando in alto il numero d'infrastrutture, favorendo le assunzioni a tempo indeterminato e investendo per ridurre il costo del lavoro e far crescere la determinità industriale si crea sviluppo. E dove c'è sviluppo c'è un miglioramento della condizione generale della società”. 

Bonus bebè e bonus nascita sono state le misure con cui avete dato una prima risposta al calo demografico e alle esigenze delle famiglie. Diversi nuclei, specie quelli con più figli, chiedono però misure più strutturali. Quale sarà la vostra risposta?

“Nel programma del Pd la questione famiglia è centrale. Prevediamo un premio fiscale per chi scegli di avere figli con cifre significative. Del resto la denatalità è un problema sociale primario. Per lo sviluppo di un Paese servono le famiglie. E noi vogliamo mettere questi nuclei al centro della manovra di riduzione del peso fiscale”. 

L’eurostat a fine 2017 ha parlato dell’Italia come il Paese europeo con più poveri. Si tratta di un’emergenza, per molti versi, silenziosa…

“E' un tema di cui ci siamo occupati e continueremo a occuparci. Pensiamo al reddito di reinserimento, per il quale sono stati stanziati circa 2 miliardi. Il bonus degli 80 euro, del resto, non poteva bastare visto che riguardava chi era già in possesso di uno stipendio entro un certo livello di reddito, mentre ci sono molte persone che hanno un reddito molto più basso o addirittura non ce l'hanno. 

Lei conosce molto bene la situazione in Medio Oriente. Quale ruolo avrebbe un'Italia targata Pd nella gestione delle diverse crisi che stanno incendiando quell'area geografica?

“Escludo che un Paese solo, della nostra forza, possa fare qualcosa. Penso piuttosto che un ruolo importante debba giocarlo l'Europa, che non può essere solo il recapito di quanti fuggono dalle guerre in Medio Oriente, ma dovrebbe avere un ruolo politico e pacificatore. Certo, si tratta di una situazione oggettivamente complicata. Basti pensare alla Siria dove i terribili fatti a cui siamo assitendo sono la propaggine del conflitto d'influenza fra Russia e Stati Uniti, uno scenario che ci riporta indietro, ai tempi della Guerra Fredda. A ciò si aggiunge la lotta ingaggiata all'interno del mondo arabo sunnita per acquisire una posizione di leadership. E lo stesso avviene anche fra gli sciiti, con l'Iran, che si trova all'interno di una dinamica molto complessa. Infine c'è l'antica vicenda di conflitto arabo israeliano…”

Condivide le ultime mosse di Trump su Gerusalemme?    

“Personalmente auspico che Gerusalemme continui a essere la capitale dello Stato d'Israele e, all'interno di un accordo di pace, anche dello Stato Palestinese, per la parte che gli verrà assegnata. Trump ha fatto una scelta tatticamente sbagliata, è entrato come un elefante in una cristalleria. Ciononostante credo che i problemi siano altri e derivino dall'impossibilità di dialogo fra israeliani e palestinesi. Credo che l'unica soluzione sia quella dei due Stati, due popoli, due democrazie. Nello stesso tempo ribadisco quello che ho sempre detto: Israele ha diritto di esistere e di difendersi, perché è circondato da nemici che lo vorrebbero distruggere. Basti pensare all'Iran, a Hezbollah in Libano, finanziato da Teheran, e ad Hamas”.