Uso di parole straniere: il placet di Mattarella

Infarcire la lingua italiana di termini in inglese è, da qualche anno, motivo di dibattito. E' parere diffuso che l'uso massiccio di parole provenienti da altre culture abbia un'influenza sul linguaggio e, di conseguenza, anche sul modo di pensare e sul costume. Di tutt'altro avviso sembra essere il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che intervenendo alla celebrazione al Quirinale della terza edizione degli “Stati generali della lingua italiana”, ha sottolineato che le relazioni tra i linguaggi “espongono a reciproche contaminazioni. È un fenomeno naturale e comune a tutte le lingue, che non deve impaurire, così come non credo preoccupi nessuno, nel mondo, la popolarità raggiunta dall'espressione di saluto 'ciao', senza che possa essere considerata veicolo di pretesa egemonia linguistica”

La resistenza di Rampelli all'inglesismo

Il tema della “contaminazione” di parole straniere – quasi esclusivamente inglesi – della lingua italiana è arrivato la settimana scorsa anche alla Camera dei Deputati. Il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli (Fdi) stava leggendo le carte che gli uffici della Camera redigono per il presidente di turno, quando a un certo punto si è imbattuto nel termine “performances”: l'esponente di FdI si è allora bloccato e, un attimo dopo, ha corretto l'inglesismo con il termine “prestazioni”. Poi l’appello deciso: “Siccome ci troviamo nel Parlamento italiano e non nella Camera dei lord, i testi devono essere scritti in italiano”. E ancora: “Dovete modificare tutto ciò che arriva in Parlamento con parole straniere. Non voglio più vedere vocaboli inglesi tra le carte della presidenza“. Ieri su Facebook Rampelli è intervenuto di nuovo sul tema, per chiedere che “la politica deve fare la sua parte costituzionalizzando la lingua italiana e impegnando tutte le istituzioni a non cedere a provincialismi sempre più sfacciati che vedono legislatori, pubblica amministrazione, grandi aziende partecipate, Rai soggiogati ad anglicismi ed esotismi linguistici”. Di qui la sua promessa: “Presenterò la prossima settimana in un dibattito pubblico le proposte di legge depositate sulla materia alla Camera e scriverò a tutti gli Ad e ai presidenti delle principali società italiane per chiedere di collaborare in questa battaglia di civiltà”.