Ticket in base al reddito

Il governo annuncia un cambiamento radicale nei ticket sanitari. Il costo sarà stabilito in base alle prestazioni e al reddito familiare. “Chi ha di più deve pagare di più, chi ha di meno deve pagare di meno”, afferma il ministro della Salute, Roberto Speranza -. Abbiamo deciso di collegare alla Finanziaria un ddl di riordino della materia dei ticket  che è la modalità di compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria. Lo faremo con un criterio di progressività”.  In Terris ha analizzato le novità annunciate dall’esecutivo con il professor Giuliano Cazzola, docente di diritto del lavoro ed esperto di previdenza. “In Emilia Romagna, la regione in cui vivo ci sono già da tempo in materia sanitaria le fasce collegate al reddito- spiega a In Terris Cazzola-. Ovviamente bisogna vedere che denuncia viene presentata, se individuale o familiare. E’ dalla documentazione in possesso delle Asl che si stabilisce l’esenzione o i diversi importi del ticket fino all’importo massimo”.

Su scala nazionale

Secondo il professor Cazzola, il ticket da pagare in base al reddito, già attuato a livello regionale, “può funzionare su scala nazionale, purché ci siano ovunque strutture adeguate attraverso le quali la pubblica amministrazione sia in grado di realizzare controlli seri, altrimenti dilagherà anche l’evasione del ticket sanitario”. Infatti, prosegue Cazzola, “se uno denuncia un reddito molto basso perché poi lavora in nero ottiene ingiustamente l’esenzione o l’inserimento in una fascia bassa e pagherà molto meno del dovuto”. Il problema, inoltre, “è quali entrate ci saranno a compensare esenzioni e ticket bassi” e comunque “ristrutturare il costo delle prestazioni sanitarie entra nelle questioni di competenza regionale, nel senso che lo Stato affida alle regioni questa materia”, quindi “il tema andrà discusso nella Conferenza Stato-Regioni”.

Due miliardi di aumento

Verrà abolito, inoltre, il super-ticket sulle prestazioni specialistiche e ambulatoriali e ci sarà un aumento di 2 miliardi di euro per il Fondo sanitario nazionale nel 2020 rispetto al 2019. “Di fronte a un ticket sanitario non conta quanti soldi hai e non conta se sei un miliardario o una persona in difficoltà economica- spiega Speranza-. Al di là delle soglie di esenzione, si paga sempre la stessa cosa. Io credo che su questo si possa intervenire con un cambiamento che guarda all'articolo 32 della Costituzione, secondo cui la salute è un diritto fondamentale dell'individuo e un interesse della collettività. È l'idea, secondo il ministro, di un Sistema sanitario universale nel quale “non conta quanti soldi hai, in che Regione vivi o il colore della tua pelle, perché hai un diritto sacrosanto ad essere curato, e su questo ci impegneremo nei prossimi mesi”. 

La giungla delle tariffe

Il super-ticket, per il ministro è “un balzello di 10 euro che purtroppo non consente a troppi cittadini di accedere al Servizio sanitario: al Consiglio dei ministri abbiamo scritto per la prima volta che il super-ticket è sbagliato, produce diseguaglianze e quindi ci impegniamo a superarlo nel più breve tempo possibile”. Il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali ha analizzato  la spesa pubblica e le entrate 2019. La spesa sanitaria nazionale costa pro capite circa 1.878,16 euro; per i primi 2 scaglioni di reddito, la differenza tra l’Irpef media versata e il solo costo della sanità ammonta a 47 miliardi che sono a carico degli altri contribuenti. E si tratta solo della sanità senza considerare tutti gli altri servizi forniti dallo Stato e dagli enti locali, di cui pure beneficiano, ma che qualche altro contribuentesi dovrà accollare. A questa cifra vanno sommati altri 2,52 miliardi per i cittadini con redditi tra i 15 e i 20mila euro che pagano un’imposta media di 1.348 euro anno. Il totale fa circa 50 miliardi che dovranno pagare in gran parte i cittadini che dichiarano redditi dai 35.000 euro in su. Il Rapporto Gimbe 2019, individua  in Italia delinea “giungla dei ticket”.

Le carenze di personale

Le differenze regionali riguardano sia le prestazioni su cui vengono applicati (farmaci, prestazioni specialistiche, pronto soccorso) sia gli importi che i cittadini devono corrispondere, sia le regole per le esenzioni. Complessivamente, la compartecipazione alla spesa sanitaria da parte dei cittadini nel 2018 sfiora i 3 miliardi di euro: le Regioni hanno cioè incassato per i ticket 2.968 mln (49,1 euro pro-capite), di cui 1.608 mln (26,6 euro pro-capite) relativi ai farmaci e 1.359 mln (22,5 euro pro-capite) per le prestazioni ambulatoriali, incluse quelle di Pronto soccorso. “Notevoli le differenze regionali: se il range della quota pro-capite totale per i ticket oscilla da 88 euro in Valle d'Aosta a 33,7 euro in Sardegna, per i farmaci l'importo varia da 36,2 euro in Campania a 16 euro in Piemonte, mentre per le prestazioni specialistiche si passa da 64,2 euro in Valle d'Aosta a 8,5 euro in Sicilia”, ricostruisce Quotidiano.net. -Ma nell'agenda del governo ci sono anche altre priorità”. Per il ministro della Salute “il primo problema è sicuramente quello della carenza del personale; ci siederemo subito con le Regioni per provare a sottoscrivere nel più breve tempo possibile il nuovo Patto per la salute, in cui affronteremo la questione del personale ma anche liste d'attesa e assistenza sul territorio”.