Standard & Poor's non declassa l'Italia

Standard & Poor's non declassa l'Italia, ma conferma il rating a BBB (a lungo termine), a soli due gradini dal “non investment grade”. Rivisto l'outlook, che passa da stabile a negativo. L'agenzia di rating internazionale “non si aspetta più” che il debito italiano rispetto al pil continui a calare. afferma, sottolineando che a suo avviso il piano del governo si basi su stime del pil ottimiste. 

La nota dell'agenzia di rating

''A nostro avviso, il piano economico del governo rischia di indebolire la performance di crescita dell'Italia'', afferma S&P, sottolineando che il piano ''rappresenta un'inversione'' rispetto al precedente consolidamento di bilancio e in parte torna indietro sulla precedente riforma delle pensioni. Il governo italiano ha deciso di annullare in parte la legge Fornero: dato l'importante cambiamento demografico in corso in Italia, ''la misura del governo, se attuata in pieno, invertirà a nostro avviso i guadagni della precedente riforma e minaccia la sostenibilità di lungo termine dei conti pubblici''.

Rischi per la crescita economica

Da Standard & Poor's arriva anche un avvertimento: “Le impostazioni di politica fiscale del governo italiano stanno pesando sulle prospettive di crescita del paese, un driver critico per la traiettoria del rapporto debito pubblico/pil – si legge nel documento – L'outlook negativo riflette il rischio che la decisione del governo di aumentare ulteriormente i prestiti pubblici, oltre a esacerbare la già debole posizione di bilancio dell'Italia, soffochi l'incipiente recupero del settore privato“. 

Paura per le banche

“La politica economica e fiscale del governo ha eroso la fiducia degli investitori, come riflesso da un aumento del rendimento sul debito pubblico – silegge ancora nella nota della S&P -. Ciò a sua volta sta influenzando negativamente l'accesso delle banche al finanziamento del mercato dei capitali e, in misura minore, il loro coefficiente patrimoniale regolamentare. Un ulteriore aumento del rendimento dei crediti delle banche verso lo Stato potrebbe ridurre la capacità delle banche di finanziare l'economia italiana distogliendo risorse dal settore privato, in particolare dalle piccole e medie imprese”.