SQUINZI: “IL GOVERNO NON SMARRISCA LA DETERMINAZIONE NEL CAMBIARE IL PAESE”

“Oggi non ho richieste né intendo lamentarmi con il Governo di alcunché”. Lo ha detto Giorgio Squinzi esordendo all’assemblea di Confindustria. “All’esecutivo chiedo semplicemente di non smarrire la determinazione perché questa è la condizione necessaria, indispensabile, per cambiare il Paese, e perché i compiti in attesa di soluzione da anni, sono molto, ma molto, impegnativi”. Il rappresentante degli industriali italiani ha sottolineato che “qualcosa e non poco si muove e sta cambiando. Le riforme avviate e alcune misure di politica economica adottate testimoniano del lavoro svolto dal Governo e sono una cifra importante anche dell’impegno di Confindustria in favore delle imprese”.

L’invito rivolto alle parti sociali è stato quello di rivendicare “il diritto di essere noi stessi a regolare i nostri rapporti piuttosto che qualcuno proceda per legge”. Sul fronte delle regole dei contratti ha detto, invece, che servono “legami più forti e stringenti” tra salari e produttività, e va evitato che “le imprese siano costrette a sommare i costi di due livelli di contrattazione”. Squinzi ha riconosciuto che l’attuale governo “pare più attento” anche se “ogni tanti si esercita la manina antimpresa”. Tra le misure contestate ci sono il canone sugli imbullonati, la Tasi sull’invenduto, e i reati ambientali ”tanto assurdi che faccio fatica a raccontarli all’estero”. C’è ”un abito mentale diffuso – ha spiegato – che pensa ancora all’imprenditore come nemico della collettività”.

Squinzi ha poi detto che questa “non è l’Europa che mi piace. Siamo diventati il continente della bassa crescita, ci siamo dimenticati dei valori reali. Ci siamo aggrappati con poca lungimiranza a un rigorismo eccessivo, ma la sfida è tutta diversa, è tutta politica e civile”. Serve quindi un “colpo d’ala”, “un progetto politico e una visione comune” senza di cui l’Europa “non riuscirà a rispondere ai bisogni complessi dei cittadini e delle imprese e lascerà dietro di sé una scia di simboli freddi, burocratici, alimentando solo derive populiste”.