Scontro totale tra Renzi e i sindacati

Duro scontro tra Mattero Renzi e la Cgil sull’art.18 dello Statuto dei lavoratori. “A quei sindacati che vogliono contestarci – afferma in un video il presidente del consiglio – chiedo: dove eravate in questi anni quando si è prodotta la più grande ingiustizia, tra chi il lavoro ce l’ha e chi no, tra chi ce l’ha a tempo indeterminato e chi precario” perché “si è pensato a difendere solo le battaglie ideologiche e non i problemi concreti della gente. Sono i diritti di chi non ha diritti quello che ci interessa: li difenderemo in modo concreto e serio”, dice ancora il premier, che, rivolto al sindacato guidato da Susanna Camusso, dice: “Non siamo impegnati in uno scontro del passato, ideologico”, “non vogliamo il mercato del lavoro di Margareth Thatcher, ma un mercato del lavoro giusto”, con “cittadini tutti uguali”. Ad accendere la miccia, infatti, era stata proprio la Camusso, sostenendo che il presidente del consiglio ha “un po’ troppo in mente il modello della lady di ferro”.

”La sfida che lanciamo – afferma la sindacalista – è fatta dall’idea che si può fare lo statuto dei lavoratori, ma bisogna fare sì che tutti abbiano gli stessi diritti con contratti a tempo indeterminato. Non stiamo difendendo noi stessi: chi vorrebbe cancellare l’articolo 18 sta cancellando la libertà dei lavoratori”.

Non accenna a fermarsi la polemica politica riguardante il Jobs act, la riforma del diritto del lavoro su cui il governo ha accelerato in questi ultimi giorni. Il punto su cui più si sta dibattendo riguarda la modifica dell’art 18. L’emendamento proposto dall’ex ministro Maurizio Sacconi prevede prime assunzioni a tempo indeterminato ma le garanzie che oggi quella tipologia contrattuale assicura immediatamente sarebbero acquisite gradualmente. In caso di licenziamento per i neoassunti, poi, il giudice non disporrebbe più il reintegro ma un’indennità commisurata all’anzianità. Con questa riforma, insomma, Renzi completerebbe la modifica del settore inaugurata dal duo Monti-Fornero.

Il provvedimento ha già ricevuto il primo sì. La commissione Lavoro del Senato ha, infatti, licenziato il testo che approderà nell’Aula di Palazzo Madama martedì. Il primo partito a dividersi è stato proprio quello del premier. Il presidente del Pd, Matteo Orfini, ha detto che sono necessarie “correzioni importanti al testo”. “I titoli del Jobs act sono condivisibili -ha detto- Lo svolgimento meno: ne discuteremo in direzione”. Il più duro è stato Pierluigi Bersani, il quale ha definito quelle del governo “intenzioni surreali”. “E’ ora di poter discutere – ha affermato l’ex segretario – con precisione cosa intendiamo quando diciamo che bisogna superare il dualismo e l’apartheid nel mercato del lavoro”.

Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha escluso modifiche in corsa all’emendamento presentato dal governo. Ci ha già pensato la commissione ad hoc di Palazzo Madama ad “apportare miglioramenti su punti significativi del provvedimento” ha spiegato Poletti. Dal fronte sindacale, Cgil, Cisl e Uil si preparano ad una iniziativa unitaria, che sarà concordata in un incontro tra i tre leader, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti: una mobilitazione di sabato che dovrebbe unificare le iniziative già annunciate dalle singole confederazioni, a cui non è escluso si possa affiancare un pacchetto di ore di sciopero.