ROMA, LA CASSAZIONE CONFERMA: “È MAFIA CAPITALE”

L’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, ipotizzata dalla procura di Roma confermata dalle ordinanze di gip e tribunale del Riesame, non subisce variazioni neanche difronte agli scranni della Corte di Cassazione. I giudici della sesta sezione della Corte Suprema, chiamati ieri a esaminare il ricorso di Salvatore Buzzi contro l’ordinanza del tribunale del Riesame – che a dicembre aveva confermato per lui la custodia cautelare in carcere dopo l’arresto nell’indagine “Mondo di mezzo” – hanno rigettato la sua istanza.

La seduta non riguardava solo la richiesta di scarcerazione di Buzzi, ma anche il riconoscimento della sussistenza o meno dell’aggravante della matrice mafiosa per l’associazione cui Buzzi, insieme a Massimo Carminati ed altri indagati, avrebbe dato vita. Nel suo ricorso di 57 pagine contro l’ordinanza del Riesame l’avvocato di Buzzi, Alessandro Diddi, contestava infatti anche la stessa imputazione di “associazione a delinquere” formulata contro il suo assistito, ex presidente della cooperativa “29 giugno”,

Il collegio della sesta penale presieduto da Antonio Agrò, che ha esaminato le richieste di revoca delle misure cautelari di 18 degli indagati nell’inchiesta su Mafia Capitale, ha rigettato anche i ricorsi di Franco Panzironi, l’ex ad dell’Ama anche lui accusato di associazione a delinquere con l’aggravante mafiosa, e di Luca Odevaine, ex vicecapo di gabinetto di Veltroni in Campidoglio, indagato solamente per corruzione.

È stata invece annullata l’ordinanza di custodia cautelare per Giovanni Di Carlo, “limitatamente all’aggravante del metodo mafioso e alle conseguenti esigenze cautelari”. Giovanni De Carlo era stato arrestato nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale con le accuse di trasferimento fraudolento di valori e favoreggiamento con l’aggravante del metodo mafioso, finendo a Rebibbia dopo essersi consegnato ai carabinieri del Ros rientrando dalla Thailandia via Qatar.

Accolte sostanzialmente tutte le richieste del Pg Luigi Riello, che aveva difeso la sussistenza del reato di associazione mafiosa. I giudici hanno infatti disposto, limitatamente alle esigenze cautelari, anche un nuovo riesame sulle posizioni di Giuseppe Mogliani, Emanuela Bugitti (strettissima collaboratrice di Buzzi, procuratore della 29 giugno e presidente del cda di “29 giugno servizi”) e Mario Schina, consigliere della cooperativa “Il percorso” operante nel settore dei campi rom accusato di concorso in corruzione. Rigettati, infine, i ricorsi di Carlo Maria Guarany, anche lui stretto collaboratore di Buzzi e suo vice, e dell’imprenditore Agostino Gaglianone.