Palermo: l’ex pm antimafia Antonio Ingroia indagato per peculato

L’ex pubblico ministero Antonio Ingroia è indagato a Palermo per peculato. Ingroia, ora amministratore della società regionale Sicilia e servizi, è stato interrogato dai suoi ex colleghi. Secondo l’accusa avrebbe percepito, indebitamente, una serie di rimborsi per trasferte, proprio nella qualità di amministratore della società regionale. Sotto inchiesta, inoltre, è finita anche l’indennità di risultato che Ingroia si è liquidato. La Procura sull’indagine mantiene il più stretto riserbo.

L’indagine, coordinata dall’aggiunto Dino Petralia e dai pm Piero Padova ed Enrico Bologna, prende in esame il periodo compreso tra il 2014 e il 2016. Secondo gli inquirenti Ingroia avrebbe intascato rimborsi per trasferte per 30 mila euro comprensivi dei trasporti e delle spese di vitto e alloggio, nonostante fossero rimborsabili solo i soldi spesi per il viaggio. L’ex magistrato, assistito dall’avvocato Mario Serio, si è difeso sostenendo che i rimborsi comprendono non solo il trasporto, ma anche le altre spese di viaggio.

“In merito all’indagine della procura di Palermo sui miei compensi come amministratore di Sicilia e Servizi, preciso che si tratta di una vicenda vecchia, che avevo già ampiamente chiarito a suo tempo in sede giornalistica, dal momento che a sollevare il caso fu un articolo del settimanale L’Espresso del febbraio 2015 in cui erano riportate cifre inesatte e notizie incomplete – ha spiegato l’ex leader di “Rivoluzione Civile” -. Questa indagine mi consente comunque di sgomberare una volta per tutte, anche in sede giudiziaria, il campo da ogni equivoco, sospetto e maldicenza su una storia totalmente infondata”. Oggi, ha aggiunto Ingroia, “sono stato convocato in procura a Palermo per dare spiegazioni e ho fatto presente ai magistrati il mio stupore perché la contestazione nei miei confronti si basa su una legge del 2006 abrogata nel 2008 dalla legge n. 133 (art. 61, comma 12). Per quanto riguarda in particolare il cosiddetto premio di indennità da risultato, si tratta di un riconoscimento previsto dalla legge in caso di raggiungimento di determinati obiettivi e serve a integrare una indennità certamente non commisurata alle grandi responsabilità in capo all’amministratore di una società come Sicilia e Servizi, che gestisce svariate decine di milioni di euro ogni anno”.

Inoltre, ha proseguito, “va puntualizzato che il diritto all’indennità non me la sono certamente attribuita io ma mi è stata riconosciuta dall’assemblea dei soci e segnatamente dalla Regione Sicilia. Per quanto riguarda invece il capitolo relativo alle spese di viaggio da me sostenute, ricordo solo che all’atto della mia nomina come amministratore unico di Sicilia e-Servizi ero già residente a Roma da tempo e che la legge prevede, in caso di nomina di professionisti residenti fuori sede, il rimborso delle spese di viaggio, ossia trasporto, vitto e alloggio, così confermato da più pronunce della Corte dei Conti. Spese tra l’altro contenute, come ho avuto modo di dimostrare alla procura, sulla base di un regolamento dei rimborsi spese che io per la prima volta ho introdotto a Sicilia e-Servizi”.